Sarà presentato il 16 dicembre prossimo al Consiglio regionale il primo rapporto sulla violenza di genere in Calabria promosso dall’Osservatorio regionale sulla violenza di genere, curato dalla Giovanna Vingelli, docente dell’Università della Calabria e dai dirigenti dell’Istat, Maria Picci e Domenico Tebala.
Un servizio a costo zero per la Regione che per la prima volta, con le poche risorse disponibili, ha cercato di fare una fotografia del fenomeno della violenza sulle donne che in Calabria costituisce, dopo la ‘ndrangheta, una questione criminale e sociale che colpisce migliaia di donne e bambini. Un rapporto che ha avuto sul piano regionale la collaborazione delle Procure Generali di Reggio e Catanzaro e delle Questure e che si è dovuto scontrare con la mancanza di un sistema informativo strutturato in grado di potere fornire dati omogenei e tempestivi.
Un lavoro che rappresenta da questo punto di vista l’inizio di una azione di monitoraggio sui bisogni e sulle risorse in grado di offrire dati numerici e qualitativi più completi ed esaustivi.
Un rapporto che ha fatto emergere , accanto alle tante buone prassi, anche le gravi criticità che impediscono alla nostra regione di disporre di un sistema di prevenzione e di protezione delle donne in grado di contrastare il fenomeno. Meritoria l’azione delle forze dell’ordine che stanno lentamente facendo riacquistare alle donne fiducia nelle istituzioni, come conferma il dato dell’aumento delle denunce.
Positiva l’azione del sistema scolastico che vede molte scuole impegnate non in iniziative spot ma in progetti che prevedono percorsi formativi strutturati che vedono gli studenti protagonisti, come il percorso sperimentale adotta la storia di una vittima di femminicidio voluto dall’Osservatorio e dal Miur. Rimane invece precaria la situazione dei centri antiviolenza e delle poche case rifugio che ricevono finanziamenti a singhiozzo e insufficienti a reggere i costi del servizio, con zone come la Locride e la Piana ancora sprovvisti di centri accreditati.
Inapplicata la legge regionale 20/2007 anche nella parte che impone ai comuni di assegnare alloggi alle donne che denunciano, considerato anche l’aumento del patrimonio immobiliare a loro disposizione grazie alle confische dei beni ai mafiosi. Carenze evidenziate anche dalle forze dell’ordine che fanno una grande fatica a trovare una sistemazione abitativa alle donne dalle quali hanno raccolto la denuncia. Con situazioni paradossali di alcune di esse che in mancanza di soluzioni sono dovute ritornare con i figli minori nella casa dalla quale si erano allontanate, costrette a riprendere la convivenza con il compagno violento che avevano denunciato. Lo stesso accade per la formazione professionale e l’inserimento lavorativo delle donne che vorrebbero acquistare una autonomia economica e che solo raramente trovano sbocchi occupazionali.
A fronte di queste criticità gravi l’auspicio è quello di vivere il 25 novembre, giornata internazionale della violenza sulle donne, come uno stimolo per tutti, soprattutto della politica regionale che si sperava riuscisse a approvare la nuova normativa, il progetto di legge 285 fermo da mesi in terza commissione. Dare concretezza alle tante riflessioni e manifestazioni che si stanno organizzando in tutta la regione, offrire riferimenti, assumersi la propria quota di responsabilità è la risposta che le donne che vivono questa condizione drammatica attendono.
Violenza di genere. Il 16 dicembre sarà presentato in Consiglio regionale il primo rapporto in Calabria promosso dall’Osservatorio regionale
Sarà presentato il 16 dicembre prossimo al Consiglio regionale il primo rapporto sulla violenza di genere in Calabria promosso dall’Osservatorio regionale sulla violenza di genere, curato dalla Giovanna Vingelli, docente dell’Università della Calabria e dai dirigenti dell’Istat, Maria Picci e Domenico Tebala.
Un servizio a costo zero per la Regione che per la prima volta, con le poche risorse disponibili, ha cercato di fare una fotografia del fenomeno della violenza sulle donne che in Calabria costituisce, dopo la ‘ndrangheta, una questione criminale e sociale che colpisce migliaia di donne e bambini. Un rapporto che ha avuto sul piano regionale la collaborazione delle Procure Generali di Reggio e Catanzaro e delle Questure e che si è dovuto scontrare con la mancanza di un sistema informativo strutturato in grado di potere fornire dati omogenei e tempestivi.
Un lavoro che rappresenta da questo punto di vista l’inizio di una azione di monitoraggio sui bisogni e sulle risorse in grado di offrire dati numerici e qualitativi più completi ed esaustivi.
Un rapporto che ha fatto emergere , accanto alle tante buone prassi, anche le gravi criticità che impediscono alla nostra regione di disporre di un sistema di prevenzione e di protezione delle donne in grado di contrastare il fenomeno. Meritoria l’azione delle forze dell’ordine che stanno lentamente facendo riacquistare alle donne fiducia nelle istituzioni, come conferma il dato dell’aumento delle denunce.
Positiva l’azione del sistema scolastico che vede molte scuole impegnate non in iniziative spot ma in progetti che prevedono percorsi formativi strutturati che vedono gli studenti protagonisti, come il percorso sperimentale adotta la storia di una vittima di femminicidio voluto dall’Osservatorio e dal Miur. Rimane invece precaria la situazione dei centri antiviolenza e delle poche case rifugio che ricevono finanziamenti a singhiozzo e insufficienti a reggere i costi del servizio, con zone come la Locride e la Piana ancora sprovvisti di centri accreditati.
Inapplicata la legge regionale 20/2007 anche nella parte che impone ai comuni di assegnare alloggi alle donne che denunciano, considerato anche l’aumento del patrimonio immobiliare a loro disposizione grazie alle confische dei beni ai mafiosi. Carenze evidenziate anche dalle forze dell’ordine che fanno una grande fatica a trovare una sistemazione abitativa alle donne dalle quali hanno raccolto la denuncia. Con situazioni paradossali di alcune di esse che in mancanza di soluzioni sono dovute ritornare con i figli minori nella casa dalla quale si erano allontanate, costrette a riprendere la convivenza con il compagno violento che avevano denunciato. Lo stesso accade per la formazione professionale e l’inserimento lavorativo delle donne che vorrebbero acquistare una autonomia economica e che solo raramente trovano sbocchi occupazionali.
A fronte di queste criticità gravi l’auspicio è quello di vivere il 25 novembre, giornata internazionale della violenza sulle donne, come uno stimolo per tutti, soprattutto della politica regionale che si sperava riuscisse a approvare la nuova normativa, il progetto di legge 285 fermo da mesi in terza commissione. Dare concretezza alle tante riflessioni e manifestazioni che si stanno organizzando in tutta la regione, offrire riferimenti, assumersi la propria quota di responsabilità è la risposta che le donne che vivono questa condizione drammatica attendono.
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