Alla fine della prima guerra mondiale una famiglia americana si stabilisce nella campagna francese, dove il padre è coinvolto nei negoziati di pace relativi al Trattato di Versailles. Sua moglie è una cristiana devota che lotta con i capricci del figlio ribelle, i cui continui sfoghi lasciano intravedere la genesi di un mostro. E’ liberamente ispirato sull’omonimo racconto scritto nel 1939 da Jean-Paul Sartre ne Il muro, volume da cui è tratta l’opera del neoregista statunitense. Siamo in pieno esistenzialismo, corrente filosofica di cui lo scrittore francese, che guarda il mondo con occhio nichilistico, era una vera e propria autorità. Tutti i personaggi del libro si trovano imprigionati in una vita statica, situazione dalla quale non riescono ad uscire.
Dopo Il Nastro Bianco capolavoro di Michael Haneke qualunque regista che si misuri sull’evoluzione del “male” della personalità sviluppate tra le due guerre compie un’impresa difficile. In entrambi i film vediamo la cultura cattolica giocare un ruolo fondamentale. Nel giudicare il film di Corbet dobbiamo sottolineare necesssariamente il suo esordio e la sua giovane età; il regista ventiseienne è capace di una ottima regia che racconta la visione, “le visioni” di Charles Marker, ragazzo alla ricerca di un’identità, tra una sessualità complessa, impulsi sadici e un ego smisurato. La capitolazione del film lascia però spiazzati troppo repentina a parer nostro la sintesi dei risvolti sociali, politici e psicologici che che lo porteranno a divenire da adulto di una sorta di capo carismatico meta-fascista.
The Childhood of a Leader di Brady Corbet – Gran Bretagna, Ungheria, Belgio, Francia, 113’
Liam Cunningham, Bérénice Bejo, Stacy Martin, Yolande Moreau, Tom Sweet, Robert Pattinson
Commento del regista
The Childhood of a Leader è una concentrazione di infiniti riferimenti alla letteratura di fantasia, ma anche a documenti storici relativi agli eventi che condussero alla firma del notoriamente lacunoso Trattato di Versailles, e al periodo tra le due guerre che va dal 1918 al 1933 che fu segnato in modo infausto dal Trattato. Il giovane protagonista non è solo testimone di questi eventi; è metafisicamente legato a essi, posseduto dalle idee del tempo. Molti dei fatti storici sono reali e altri liberamente reinterpretati, nella convinzione che prendendosi un’ampia licenza poetica sia possibile esplorare meglio i momenti più salienti della storia.
Pertanto, l’opera non va intesa come una lezione di storia, ma piuttosto come una raccolta immaginaria di piccoli ma significativi momenti della vita del personaggio. Il film evidenzia come i programmi caratterizzati da egoismo e interesse personale possano confondersi con i programmi politici, e quanto facilmente da ciò possano derivare dei poteri gerarchici violenti, nonché l’assurdità intrinseca della burocrazia.
Dall’inviato Marco Guarella
Venezia 2015. Le visioni di Charles Marker
Alla fine della prima guerra mondiale una famiglia americana si stabilisce nella campagna francese, dove il padre è coinvolto nei negoziati di pace relativi al Trattato di Versailles. Sua moglie è una cristiana devota che lotta con i capricci del figlio ribelle, i cui continui sfoghi lasciano intravedere la genesi di un mostro. E’ liberamente ispirato sull’omonimo racconto scritto nel 1939 da Jean-Paul Sartre ne Il muro, volume da cui è tratta l’opera del neoregista statunitense. Siamo in pieno esistenzialismo, corrente filosofica di cui lo scrittore francese, che guarda il mondo con occhio nichilistico, era una vera e propria autorità. Tutti i personaggi del libro si trovano imprigionati in una vita statica, situazione dalla quale non riescono ad uscire.
Dopo Il Nastro Bianco capolavoro di Michael Haneke qualunque regista che si misuri sull’evoluzione del “male” della personalità sviluppate tra le due guerre compie un’impresa difficile. In entrambi i film vediamo la cultura cattolica giocare un ruolo fondamentale. Nel giudicare il film di Corbet dobbiamo sottolineare necesssariamente il suo esordio e la sua giovane età; il regista ventiseienne è capace di una ottima regia che racconta la visione, “le visioni” di Charles Marker, ragazzo alla ricerca di un’identità, tra una sessualità complessa, impulsi sadici e un ego smisurato. La capitolazione del film lascia però spiazzati troppo repentina a parer nostro la sintesi dei risvolti sociali, politici e psicologici che che lo porteranno a divenire da adulto di una sorta di capo carismatico meta-fascista.
The Childhood of a Leader di Brady Corbet – Gran Bretagna, Ungheria, Belgio, Francia, 113’
Liam Cunningham, Bérénice Bejo, Stacy Martin, Yolande Moreau, Tom Sweet, Robert Pattinson
Commento del regista
The Childhood of a Leader è una concentrazione di infiniti riferimenti alla letteratura di fantasia, ma anche a documenti storici relativi agli eventi che condussero alla firma del notoriamente lacunoso Trattato di Versailles, e al periodo tra le due guerre che va dal 1918 al 1933 che fu segnato in modo infausto dal Trattato. Il giovane protagonista non è solo testimone di questi eventi; è metafisicamente legato a essi, posseduto dalle idee del tempo. Molti dei fatti storici sono reali e altri liberamente reinterpretati, nella convinzione che prendendosi un’ampia licenza poetica sia possibile esplorare meglio i momenti più salienti della storia.
Pertanto, l’opera non va intesa come una lezione di storia, ma piuttosto come una raccolta immaginaria di piccoli ma significativi momenti della vita del personaggio. Il film evidenzia come i programmi caratterizzati da egoismo e interesse personale possano confondersi con i programmi politici, e quanto facilmente da ciò possano derivare dei poteri gerarchici violenti, nonché l’assurdità intrinseca della burocrazia.
Dall’inviato Marco Guarella
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