Sangue del mio sangue di Marco Bellocchio – Italia, Francia, Svizzera, 107’
Roberto Herlitzka, Pier Giorgio Bellocchio, Lydiya Liberman, Fausto Russo Alesi, Alba Rohrwacher, Federica Fracassi, Filippo Timi
Federico, giovane uomo d’armi, viene spinto dalla madre a recarsi nella prigione-convento di Bobbio dove suor Benedetta è accusata di stregoneria per aver sedotto Fabrizio, fratello gemello di Federico e averlo indotto a tradire la sua missione sacerdotale. La madre preme affinché Federico riabiliti la memoria del gemello, ma anche lui viene incantato da Benedetta che sarà condannata alla prigione perpetua e murata viva. Ma Federico, trent’anni dopo, diventato cardinale, incontrerà nuovamente Benedetta, ancora rinchiusa tra quelle mura…
Ai giorni nostri, a quel portone del convento trasformato poi in prigione e apparentemente abbandonato, bussa Federico Mai, sedicente ispettore del Ministero, accompagnato da Rikalkov, un miliardario russo, che lo vorrebbe acquistare. In realtà quel luogo è ancora abitato da un misterioso “Conte” che occupa abusivamente alcune celle dell’antica prigione e che si aggira in città solo di notte… La presenza dei due forestieri mette in agitazione l’intera comunità di Bobbio, che sotto la guida del “Conte” tenta di vivere grazie a frodi e sotterfugi, ostacolando in ogni modo la modernità che avanza inesorabilmente. Ma il nuovo è migliore del vecchio?
L’inno alla liberta che Bellocchio vuole lasciare al presente passa attraverso alcune “semplici” nodi: la continutà formale della Chiesa, l’eredità dell’oscurantismo che se non elaborato condanna il presente ad essere abitato da spettri, la verità-bellezza seppur imprigionata rimane intatta e viva dopo secoli e riappare assoluta. Una prima parte in costume attraversata da atmosfere angosciose e cupe con uno stile narrativo enfatico e quasi da grande sceneggiato televisivo di un tempo che si congiunge pur privo di architetture formali con il secondo corpo narrativo, dove lo spettatore nel contemporaneo ritroverà i nodi attraverso l’ironia ed il sarcasmo della messa in scena sociale. Un film forse disomogeneo e privo di formalismi abitato nel tempo da vampiri, pazzi che vivono come falsi invalidi, suore bellissime, timorate di Dio pronte all’orgia con a commentare le immagini del film la bellissima Nothing Else Matters dei Metallica qui nella versione degli Scala & Kolacny Brothers. Dal ‘600 Bellocchio ci porta nella continuità con il presente, dominato dalla corruzione di un conte-vampiro, interpretato da Roberto Herlitzka. Tra pieghe della superstizione si nasconde volutamente un inno alla libertà, contro il potere – dirà il regista «della Chiesa prima, del dominio democristiano dopo»), sulla potenzialità liberatrice della “bellezza” come sguardo della donna.
https://www.youtube.com/watch?v=E3QcFZe90bY
Commento del regista
Il film nasce per caso dalla scoperta delle antiche prigioni di Bobbio, chiuse e abbandonate. Questa scoperta ha ispirato il primo episodio del film che narra di Benedetta, una monaca murata viva nella prigione-convento di Santa Chiara, a Bobbio.
Il riferimento alla monaca di Monza era esplicito. Da La Monaca nasce Sangue del mio sangue, che è la storia del processo a Benedetta e delle prove a cui è sottoposta perché confessi la sua alleanza con Satana, con l’immuratio finale. Questa storia così remota nel passato mi ha suggerito infine un ritorno al presente, all’Italia di oggi, un’Italia paesana garantita e protetta dal sistema consociativo e corruttivo dei partiti e dei sindacati che la globalizzazione sta radicalmente “trasformando” (non si capisce ancora se in meglio o in peggio).
Dall’inviato Marco Guarella
Venezia 2015. La verità-bellezza di Bellocchio riappare assoluta
Sangue del mio sangue di Marco Bellocchio – Italia, Francia, Svizzera, 107’
Roberto Herlitzka, Pier Giorgio Bellocchio, Lydiya Liberman, Fausto Russo Alesi, Alba Rohrwacher, Federica Fracassi, Filippo Timi
Federico, giovane uomo d’armi, viene spinto dalla madre a recarsi nella prigione-convento di Bobbio dove suor Benedetta è accusata di stregoneria per aver sedotto Fabrizio, fratello gemello di Federico e averlo indotto a tradire la sua missione sacerdotale. La madre preme affinché Federico riabiliti la memoria del gemello, ma anche lui viene incantato da Benedetta che sarà condannata alla prigione perpetua e murata viva. Ma Federico, trent’anni dopo, diventato cardinale, incontrerà nuovamente Benedetta, ancora rinchiusa tra quelle mura…
Ai giorni nostri, a quel portone del convento trasformato poi in prigione e apparentemente abbandonato, bussa Federico Mai, sedicente ispettore del Ministero, accompagnato da Rikalkov, un miliardario russo, che lo vorrebbe acquistare. In realtà quel luogo è ancora abitato da un misterioso “Conte” che occupa abusivamente alcune celle dell’antica prigione e che si aggira in città solo di notte… La presenza dei due forestieri mette in agitazione l’intera comunità di Bobbio, che sotto la guida del “Conte” tenta di vivere grazie a frodi e sotterfugi, ostacolando in ogni modo la modernità che avanza inesorabilmente. Ma il nuovo è migliore del vecchio?
L’inno alla liberta che Bellocchio vuole lasciare al presente passa attraverso alcune “semplici” nodi: la continutà formale della Chiesa, l’eredità dell’oscurantismo che se non elaborato condanna il presente ad essere abitato da spettri, la verità-bellezza seppur imprigionata rimane intatta e viva dopo secoli e riappare assoluta. Una prima parte in costume attraversata da atmosfere angosciose e cupe con uno stile narrativo enfatico e quasi da grande sceneggiato televisivo di un tempo che si congiunge pur privo di architetture formali con il secondo corpo narrativo, dove lo spettatore nel contemporaneo ritroverà i nodi attraverso l’ironia ed il sarcasmo della messa in scena sociale. Un film forse disomogeneo e privo di formalismi abitato nel tempo da vampiri, pazzi che vivono come falsi invalidi, suore bellissime, timorate di Dio pronte all’orgia con a commentare le immagini del film la bellissima Nothing Else Matters dei Metallica qui nella versione degli Scala & Kolacny Brothers. Dal ‘600 Bellocchio ci porta nella continuità con il presente, dominato dalla corruzione di un conte-vampiro, interpretato da Roberto Herlitzka. Tra pieghe della superstizione si nasconde volutamente un inno alla libertà, contro il potere – dirà il regista «della Chiesa prima, del dominio democristiano dopo»), sulla potenzialità liberatrice della “bellezza” come sguardo della donna.
https://www.youtube.com/watch?v=E3QcFZe90bY
Commento del regista
Il film nasce per caso dalla scoperta delle antiche prigioni di Bobbio, chiuse e abbandonate. Questa scoperta ha ispirato il primo episodio del film che narra di Benedetta, una monaca murata viva nella prigione-convento di Santa Chiara, a Bobbio.
Il riferimento alla monaca di Monza era esplicito. Da La Monaca nasce Sangue del mio sangue, che è la storia del processo a Benedetta e delle prove a cui è sottoposta perché confessi la sua alleanza con Satana, con l’immuratio finale. Questa storia così remota nel passato mi ha suggerito infine un ritorno al presente, all’Italia di oggi, un’Italia paesana garantita e protetta dal sistema consociativo e corruttivo dei partiti e dei sindacati che la globalizzazione sta radicalmente “trasformando” (non si capisce ancora se in meglio o in peggio).
Dall’inviato Marco Guarella
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