QUANDO otto anni fa nacque Terramara nessuno pensava che in breve tempo il web avrebbe preso il sopravvento sulla carta stampata. Andò così. E noi arrivammo in anticipo. Anzi, i tempi furono ancora più ristretti e i quotidiani regionali ebbero, nell’arco di pochi anni, un calo di vendite incredibile che mandò in tilt editori e redazioni.
Nel 2009 rimango senza lavoro e percepisco ancora il sussidio di disoccupazione garantito dall’Inpgi, in seguito al mio licenziamento (per motivi finanziari) firmato dalla Cooperativa editoriale calabrese che editava Calabria Ora. Un’esperienza, durata circa due anni e mezzo, che ancora oggi suscita in me sentimenti contrastanti di piacere e soddisfazioni, delusione e rabbia. La parabola discendente a Calabria Ora inizia proprio dopo le dimissioni del direttore e fondatore Paride Leporace sostituito da Paolo Pollichieni, ora direttore del Corriere della Calabria. Da lì un sacco di problemi, fino alla rottura.
La cocente delusione di un progetto editoriale nato con forza e coraggio dall’idea di un gruppo di giornalisti del Quotidiano della Calabria che lascia il giornale della famiglia Dodaro per abbracciare un progetto forte, finanziato dagli editori Piero Citrigno e Fausto Aquino e ispirato e diretto dall’amico Paride Leporace. Per me finisce in meno di tre anni. Stroncato sul più bello per ragioni legate al cambio di guardia e alla linea editoriale. Come me, molti altri colleghi della prima ora, chi prima chi dopo, vengono epurati in favore di altri e perdono il lavoro. Ma già dopo il primo anno le cose non vanno benissimo. Si respira un’aria stana di sovrapposizione di ruoli e di contrasti interni che minano la serenità dell’ambiente. Inizia la vertenza interna per gli adeguamenti contrattuali che inaspriscono gli animi tra editore e giornalisti. Insomma, una volta capito che quel progetto carico di fantasia montato da una campagna di marketing dirompente grazie allo slogan: “quello che gli altri non scrivono”, stava naufragando miseramente, pensammo di buttarci sul web convinti che sarebbe stata la nuova frontiera del giornalismo libero.
Fummo pionieri. Immaginammo un prodotto editoriale telematico, low-cost, che potesse riflettere in pieno la nostra idea di giornalismo. Una sorta di blog di libera informazione ma con le credenziali di una testa giornalistica. In breve tempo e grazie all’auto di amici, colleghi e familiari nacque terramara, il cui nome richiama il valore della nostra terra fertile e amara, bellissima e maledettamente cruda. Nacque terramara the blog journal per la prima volta in rete, il 12 dicembre 2009, precisamente quarant’anni dopo la strage di piazza Fontana che rappresenta la negazione della verità e il richiamo alla memoria. Oggi, con una nuova veste grafica e 8 anni di pubblicazioni alle spalle, Terramara diventa un magazine d’informazione indipendente – proprio perché, in effetti, giornale di cronaca non lo è mai stato e mai lo diventerà.
In questi anni Terramara ha pubblicato tanto. Hanno scritto e collaborato decine di penne, tra cui il mio caro e amato papà, mente libera vivacissima, e il caro e preziosissimo zio Mario Casaburi, validissimo uomo di cultura, entrambi passati a miglior vita. Terramara non fa che raccontare la vita di tutti i giorni, entrare nelle pieghe si una terra piena di contraddizioni, delusa, maltrattata, ma con mille potenzialità. Ed è proprio raccontando una terra così difficile che questo magazine indipendente intende offrire un contributo in termini di verità. Una verità spesso tradita, distorta e utilizzata per interessi particolari anche dagli organi di stampa. Terramara crede nel giornalismo libero e indipendente in una società libera e democratica.
Terramara, un magazine indipendente pioniere sul web
QUANDO otto anni fa nacque Terramara nessuno pensava che in breve tempo il web avrebbe preso il sopravvento sulla carta stampata. Andò così. E noi arrivammo in anticipo. Anzi, i tempi furono ancora più ristretti e i quotidiani regionali ebbero, nell’arco di pochi anni, un calo di vendite incredibile che mandò in tilt editori e redazioni.
Nel 2009 rimango senza lavoro e percepisco ancora il sussidio di disoccupazione garantito dall’Inpgi, in seguito al mio licenziamento (per motivi finanziari) firmato dalla Cooperativa editoriale calabrese che editava Calabria Ora. Un’esperienza, durata circa due anni e mezzo, che ancora oggi suscita in me sentimenti contrastanti di piacere e soddisfazioni, delusione e rabbia. La parabola discendente a Calabria Ora inizia proprio dopo le dimissioni del direttore e fondatore Paride Leporace sostituito da Paolo Pollichieni, ora direttore del Corriere della Calabria. Da lì un sacco di problemi, fino alla rottura.
La cocente delusione di un progetto editoriale nato con forza e coraggio dall’idea di un gruppo di giornalisti del Quotidiano della Calabria che lascia il giornale della famiglia Dodaro per abbracciare un progetto forte, finanziato dagli editori Piero Citrigno e Fausto Aquino e ispirato e diretto dall’amico Paride Leporace. Per me finisce in meno di tre anni. Stroncato sul più bello per ragioni legate al cambio di guardia e alla linea editoriale. Come me, molti altri colleghi della prima ora, chi prima chi dopo, vengono epurati in favore di altri e perdono il lavoro. Ma già dopo il primo anno le cose non vanno benissimo. Si respira un’aria stana di sovrapposizione di ruoli e di contrasti interni che minano la serenità dell’ambiente. Inizia la vertenza interna per gli adeguamenti contrattuali che inaspriscono gli animi tra editore e giornalisti. Insomma, una volta capito che quel progetto carico di fantasia montato da una campagna di marketing dirompente grazie allo slogan: “quello che gli altri non scrivono”, stava naufragando miseramente, pensammo di buttarci sul web convinti che sarebbe stata la nuova frontiera del giornalismo libero.
Fummo pionieri. Immaginammo un prodotto editoriale telematico, low-cost, che potesse riflettere in pieno la nostra idea di giornalismo. Una sorta di blog di libera informazione ma con le credenziali di una testa giornalistica. In breve tempo e grazie all’auto di amici, colleghi e familiari nacque terramara, il cui nome richiama il valore della nostra terra fertile e amara, bellissima e maledettamente cruda. Nacque terramara the blog journal per la prima volta in rete, il 12 dicembre 2009, precisamente quarant’anni dopo la strage di piazza Fontana che rappresenta la negazione della verità e il richiamo alla memoria. Oggi, con una nuova veste grafica e 8 anni di pubblicazioni alle spalle, Terramara diventa un magazine d’informazione indipendente – proprio perché, in effetti, giornale di cronaca non lo è mai stato e mai lo diventerà.
In questi anni Terramara ha pubblicato tanto. Hanno scritto e collaborato decine di penne, tra cui il mio caro e amato papà, mente libera vivacissima, e il caro e preziosissimo zio Mario Casaburi, validissimo uomo di cultura, entrambi passati a miglior vita. Terramara non fa che raccontare la vita di tutti i giorni, entrare nelle pieghe si una terra piena di contraddizioni, delusa, maltrattata, ma con mille potenzialità. Ed è proprio raccontando una terra così difficile che questo magazine indipendente intende offrire un contributo in termini di verità. Una verità spesso tradita, distorta e utilizzata per interessi particolari anche dagli organi di stampa. Terramara crede nel giornalismo libero e indipendente in una società libera e democratica.
NESSUN COMMENTO