E' il messaggio contenuto ne, “L’asino d’oro”, la più importante opera di Apuleio, messa in scena ieri sera, al teatro Politeama, grazie all'ottima prova dell'attore, Francesco Colella, e del regista, Francesco Lagi. Ottima l'intuizione di trasformare il romanzo in un monologo preceduto dalla lezione "Animal ex anima" di Umberto Eco
E’ partito dall’Aula Magna di Santa Lucia dell’Università di Bologna l’appuntamento con le letture e riletture dei testi classici. All’apertura, affidata a Umberto Eco, con la lezione “Animal ex anima. L’anima degli animali”, è seguito un momento di teatro, regista Francesco Lagi, con Francesco Colella, che, sotto forma di monologo, ha recitato alcuni brani .
Lo spettacolo è proseguito l’11 maggio, al teatro “Politeama” di Catanzaro, dove, presente un pubblico attento e partecipe, molti i giovani, Colella, attore con una lunga esperienza teatrale con il Maestro Luca Ronconi, ha offerto una eccezionale prova.
A regista e protagonista abbiamo chiesto: “Come avete trasformato un romanzo, “L’asino d’oro”, in un monologo teatrale?
“Abbiamo iniziato a leggerlo insieme e mentre lo leggevamo – ha spiegato Colella – abbiamo cercato di identificare un plot, un percorso poetico all’interno del testo. Abbiamo voluto il più possibile non tradire, nella trasposizione, lo spirito dell’opera. L’idea è stata quella di rendere la narrazione in soggettiva. L’attore è il protagonista, Lucio, e con lo scorrere della storia si imbatte nei vari personaggi via via incarnandoli: un uomo abitato da tante voci. Abbiamo quindi messo a punto una scrittura fluida, liquida, che passa senza soluzione di continuità dalla prima alla terza persona e poi di nuovo alla prima”.
Offrire al pubblico di oggi un classico è particolarmente impegnativo e difficile. Colella e Lagi hanno lavorato con grande sensibilità, evitando consapevolmente i pericoli di un’attualizzazione astorica e antistorica dell’opera di Apuleio.
“C’è poco da attualizzare in realtà. I classici – ha osservato l’attore – contengono un mistero che va rispettato: c’è una distanza tra il mondo dei classici e il nostro e questa distanza va segnalata, non accorciata. Sono testi che vanno abitati come luoghi sconosciuti. L’attualizzazione, credo, finisce per impoverirli, è un cucirsi i testi addosso su misura, e così facendo i testi perdono valore. Credo si debba rispettare lo spirito delle parole, e offrire l’idea del mistero che il testo contiene. Penso che, in un caso come questo, il compito dell’attore sia offrire agli occhi del pubblico anche il disagio di abitare un tale mistero”.
Il messaggio che Lagi e Collella hanno voluto trasmettere è particolarmente incisivo, l’animalità caratterizza molti comportamenti dell’uomo.
“Il nostro è il tentativo di raccontare un mistero – hanno aggiunto i due uomini di teatro – ”. Lucio, nelle sembianze e nelle vesti di un umile animale, continuamente maltrattato e bastonato, comprende l’essenza dell’essere uomo, comprende gli uomini nel loro agire.
Colella tiene ad evidenziare “il lavoro di squadra, collettivo” del gruppo teatrale. Oltre a Francesco Lagi ci sono le scene e i costumi di Margherita Baldoni e la partitura musicale scritta per l’occasione da Giuseppe D’Amato e Linz.
Umberto Eco si è detto entusiasta dello spettacolo e del modo di veicolare i classici nel presente. Non si può non concordare col grande scrittore, Collella e Lagi hanno saputo offrire uno spettacolo in cui mistero, magia, amore, animalità, bestialità rappresentano la condizione dell’uomo, ne costituiscono il paradigma, hanno fatto una riflessione attualissima sulla precaria identità dell’uomo, hanno reso vivo un messaggio culturale di alto profilo.
Sulla precaria identità dell’uomo…!
E' il messaggio contenuto ne, “L’asino d’oro”, la più importante opera di Apuleio, messa in scena ieri sera, al teatro Politeama, grazie all'ottima prova dell'attore, Francesco Colella, e del regista, Francesco Lagi. Ottima l'intuizione di trasformare il romanzo in un monologo preceduto dalla lezione "Animal ex anima" di Umberto Eco
E’ partito dall’Aula Magna di Santa Lucia dell’Università di Bologna l’appuntamento con le letture e riletture dei testi classici. All’apertura, affidata a Umberto Eco, con la lezione “Animal ex anima. L’anima degli animali”, è seguito un momento di teatro, regista Francesco Lagi, con Francesco Colella, che, sotto forma di monologo, ha recitato alcuni brani .
Lo spettacolo è proseguito l’11 maggio, al teatro “Politeama” di Catanzaro, dove, presente un pubblico attento e partecipe, molti i giovani, Colella, attore con una lunga esperienza teatrale con il Maestro Luca Ronconi, ha offerto una eccezionale prova.
A regista e protagonista abbiamo chiesto: “Come avete trasformato un romanzo, “L’asino d’oro”, in un monologo teatrale?
“Abbiamo iniziato a leggerlo insieme e mentre lo leggevamo – ha spiegato Colella – abbiamo cercato di identificare un plot, un percorso poetico all’interno del testo. Abbiamo voluto il più possibile non tradire, nella trasposizione, lo spirito dell’opera. L’idea è stata quella di rendere la narrazione in soggettiva. L’attore è il protagonista, Lucio, e con lo scorrere della storia si imbatte nei vari personaggi via via incarnandoli: un uomo abitato da tante voci. Abbiamo quindi messo a punto una scrittura fluida, liquida, che passa senza soluzione di continuità dalla prima alla terza persona e poi di nuovo alla prima”.
Offrire al pubblico di oggi un classico è particolarmente impegnativo e difficile. Colella e Lagi hanno lavorato con grande sensibilità, evitando consapevolmente i pericoli di un’attualizzazione astorica e antistorica dell’opera di Apuleio.
“C’è poco da attualizzare in realtà. I classici – ha osservato l’attore – contengono un mistero che va rispettato: c’è una distanza tra il mondo dei classici e il nostro e questa distanza va segnalata, non accorciata. Sono testi che vanno abitati come luoghi sconosciuti. L’attualizzazione, credo, finisce per impoverirli, è un cucirsi i testi addosso su misura, e così facendo i testi perdono valore. Credo si debba rispettare lo spirito delle parole, e offrire l’idea del mistero che il testo contiene. Penso che, in un caso come questo, il compito dell’attore sia offrire agli occhi del pubblico anche il disagio di abitare un tale mistero”.
Il messaggio che Lagi e Collella hanno voluto trasmettere è particolarmente incisivo, l’animalità caratterizza molti comportamenti dell’uomo.
“Il nostro è il tentativo di raccontare un mistero – hanno aggiunto i due uomini di teatro – ”. Lucio, nelle sembianze e nelle vesti di un umile animale, continuamente maltrattato e bastonato, comprende l’essenza dell’essere uomo, comprende gli uomini nel loro agire.
Colella tiene ad evidenziare “il lavoro di squadra, collettivo” del gruppo teatrale. Oltre a Francesco Lagi ci sono le scene e i costumi di Margherita Baldoni e la partitura musicale scritta per l’occasione da Giuseppe D’Amato e Linz.
Umberto Eco si è detto entusiasta dello spettacolo e del modo di veicolare i classici nel presente. Non si può non concordare col grande scrittore, Collella e Lagi hanno saputo offrire uno spettacolo in cui mistero, magia, amore, animalità, bestialità rappresentano la condizione dell’uomo, ne costituiscono il paradigma, hanno fatto una riflessione attualissima sulla precaria identità dell’uomo, hanno reso vivo un messaggio culturale di alto profilo.
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