CATANZARO. Una spiacevole telenovela che va avanti, a fasi alterne, dagli anni 90. L’ex Militare, l’impianto sportivo più prestigioso della Calabria è un eminente saggio di pressappochismo politico, un minestrone di promesse elettorali e lavori di (sedicente) riqualificazione, iniziati nella prima era Abramo e non ancora completati.
Un eminente saggio di pressapochismo politico. Un fragoroso esempio di lentezza amministrativa. Un minestrone di promesse elettorali e lavori di (sedicente) riqualificazione che vanno avanti, a fasi alterne, trasportati da un bilancio comunale all’altro, dalla fine degli anni 90 ai nostri bei tempi moderni. Lo stadio “Nicola Ceravolo”, il mitico ex Militare, l’impianto sportivo più importante del capoluogo calabrese fino a l’altro ieri rischiava le porte chiuse per inagibilità. Le strutture necessarie per riportare la capienza a una soglia dignitosa (e quindi maggiore dei risicati 7.500 consentiti durante il campionato appena concluso), opere messe in cantiere tre anni fa dalla giunta Olivo (fu stanziato un milione e 300.000 euro), sono ancora in corso e con ogni probabilità resteranno tali fino a giugno 2013.
Domanda d’obbligo: riuscirà il Ceravolo a tornare completamente a norma, con tutti i settori aperti al pubblico, senza più restrizioni e nugoli d’operai perennemente affaccendati sugli spalti? Aspettando gli eventi (e i cinque milioni di euro promessi dal governatore della Calabria, Peppe Scopelliti), Terramara rinfresca la storia del suo faticoso e singhiozzante riammodernamento, ripercorrendo le tappe salienti di un iter burocratico che non riesce a trovare la parola fine.
CAPIENZA RIDOTTA Nuovi spogliatoi e una nuova tribuna stampa (da 12 mesi assemblata alla meglio tra quattro scomodi prefabbricati) da incastonare nel settore “distinti”, rinnovato pure lui: l’ennesima operazione di ritocco strutturale del vecchio stadio sembrava mirabolante già sulla carta, vista l’aria turbolenta che tira a palazzo De Nobili da un po’ di tempo a questa parte. Così è stato. Dopo un anno a porte chiuse (l’ultimo del fallito Football club Catanzaro) e lavori iniziati ma poi subito interrotti, il Ceravolo si riaccende con l’avvento di Giuseppe Cosentino e del suo ambizioso Catanzaro calcio 2011. I lavori devono per forza ripartire (lentamente), l’impianto riapre con la capienza ridotta a 7.500 e con il passare dei mesi si fa pure strettino, perché la squadra allenata da Cozza vince il campionato e richiama il popolo giallorosso alla base.
La storia recente narra di un Cosentino piazzato (quasi) giorno e notte al Comune per marcare da vicino la neo giunta, guidata da Sergio Abramo, e reclamare a gran voce uno stadio a norma per evitare di nuovo lo spauracchio delle “porte chiuse”.Il presidente del Catanzaro sa bene che per costruire una società sana e un progetto vincente serve uno stadio vero, perciò mette in campo anche un suo tecnico di fiducia per contribuire (rapidamente) alla conclusione positiva della vicenda. I problemi d’insediamento di un consiglio comunale fresco fresco di (contestatissime) elezioni vengono dopo: il pressing di Cosentino è asfissiante e alla fine viene fuori che spogliatoi e tribuna stampa sono ancora un progetto astratto. I soldi stanziati non bastano, la ditta appaltante può solo completare i “distinti” e realizzare non meglio precisati interventi nella zona del pre-filtraggio. Basterà per ottenere l’omologazione a far entrare 7.500 spettatori, anche 10.000 se la Commissione provinciale di vigilanza darà parere positivo (aprendo la curva est), ma non sarà sufficiente a finire i lavori previsti. In parole povere, il Ceravolo è un cantiere senza progetto. E per un curioso scherzo del destino poggia le sue deboli fondamenta nella prima giunta Abramo, perché c’era proprio lui a guidare l’amministrazione che 13 anni fa circa progettava (e prometteva) uno stadio nuovo di zecca sfruttando il fondo messo a disposizione dal Credito sportivo. (continua)
Ivan Montesano
Stadio “Nicola Ceravolo”: un cantiere perenne
CATANZARO. Una spiacevole telenovela che va avanti, a fasi alterne, dagli anni 90. L’ex Militare, l’impianto sportivo più prestigioso della Calabria è un eminente saggio di pressappochismo politico, un minestrone di promesse elettorali e lavori di (sedicente) riqualificazione, iniziati nella prima era Abramo e non ancora completati.
Un eminente saggio di pressapochismo politico. Un fragoroso esempio di lentezza amministrativa. Un minestrone di promesse elettorali e lavori di (sedicente) riqualificazione che vanno avanti, a fasi alterne, trasportati da un bilancio comunale all’altro, dalla fine degli anni 90 ai nostri bei tempi moderni. Lo stadio “Nicola Ceravolo”, il mitico ex Militare, l’impianto sportivo più importante del capoluogo calabrese fino a l’altro ieri rischiava le porte chiuse per inagibilità. Le strutture necessarie per riportare la capienza a una soglia dignitosa (e quindi maggiore dei risicati 7.500 consentiti durante il campionato appena concluso), opere messe in cantiere tre anni fa dalla giunta Olivo (fu stanziato un milione e 300.000 euro), sono ancora in corso e con ogni probabilità resteranno tali fino a giugno 2013.
Domanda d’obbligo: riuscirà il Ceravolo a tornare completamente a norma, con tutti i settori aperti al pubblico, senza più restrizioni e nugoli d’operai perennemente affaccendati sugli spalti? Aspettando gli eventi (e i cinque milioni di euro promessi dal governatore della Calabria, Peppe Scopelliti), Terramara rinfresca la storia del suo faticoso e singhiozzante riammodernamento, ripercorrendo le tappe salienti di un iter burocratico che non riesce a trovare la parola fine.
CAPIENZA RIDOTTA Nuovi spogliatoi e una nuova tribuna stampa (da 12 mesi assemblata alla meglio tra quattro scomodi prefabbricati) da incastonare nel settore “distinti”, rinnovato pure lui: l’ennesima operazione di ritocco strutturale del vecchio stadio sembrava mirabolante già sulla carta, vista l’aria turbolenta che tira a palazzo De Nobili da un po’ di tempo a questa parte. Così è stato. Dopo un anno a porte chiuse (l’ultimo del fallito Football club Catanzaro) e lavori iniziati ma poi subito interrotti, il Ceravolo si riaccende con l’avvento di Giuseppe Cosentino e del suo ambizioso Catanzaro calcio 2011. I lavori devono per forza ripartire (lentamente), l’impianto riapre con la capienza ridotta a 7.500 e con il passare dei mesi si fa pure strettino, perché la squadra allenata da Cozza vince il campionato e richiama il popolo giallorosso alla base.
La storia recente narra di un Cosentino piazzato (quasi) giorno e notte al Comune per marcare da vicino la neo giunta, guidata da Sergio Abramo, e reclamare a gran voce uno stadio a norma per evitare di nuovo lo spauracchio delle “porte chiuse”.Il presidente del Catanzaro sa bene che per costruire una società sana e un progetto vincente serve uno stadio vero, perciò mette in campo anche un suo tecnico di fiducia per contribuire (rapidamente) alla conclusione positiva della vicenda. I problemi d’insediamento di un consiglio comunale fresco fresco di (contestatissime) elezioni vengono dopo: il pressing di Cosentino è asfissiante e alla fine viene fuori che spogliatoi e tribuna stampa sono ancora un progetto astratto. I soldi stanziati non bastano, la ditta appaltante può solo completare i “distinti” e realizzare non meglio precisati interventi nella zona del pre-filtraggio. Basterà per ottenere l’omologazione a far entrare 7.500 spettatori, anche 10.000 se la Commissione provinciale di vigilanza darà parere positivo (aprendo la curva est), ma non sarà sufficiente a finire i lavori previsti. In parole povere, il Ceravolo è un cantiere senza progetto. E per un curioso scherzo del destino poggia le sue deboli fondamenta nella prima giunta Abramo, perché c’era proprio lui a guidare l’amministrazione che 13 anni fa circa progettava (e prometteva) uno stadio nuovo di zecca sfruttando il fondo messo a disposizione dal Credito sportivo. (continua)
Ivan Montesano
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