Molte sezioni parallele del Festival di Berlino riservano interessanti sorprese, soprattutto sul fronte del documentario. Sono da segnalare tra questi doc. musicali, cinematografici, politici – se sono ancora cosi netti i margini e i generi – quello su “l’icona” di R.Fassbinder (oggi compirebbe settant’anni) del danese Christian Braad Thomsen (Faßbinder. Lieben ohne zu fordern), su Kurt Cobain (Cobain. Montage of Heck) dell’americano Brett Morgen, uno – firmato da tre registi – sulla scena musicale di Berlino Ovest degli anni ’80 (B-Movie: Lust & Sound in West-Berlin) ed uno intitolato Härte (Tough Love) dell’icona gay della cultura tedesca, Rosa von Praunheim, un racconto di molestie sessuali.
Ancora il documentario di Walter Salles, sul regista Jia Zhang-Ke (Jia Zhang-ke, a guy from Fenyang), Sumé – The Sound of a Revolution (un doc proveniente dalla Groenlandia ) racconto di una band anti-colonialista.
Spicca tra tutti, Une jeunesse allemande, documentario francese sulla RAF tedesca, nelle sale di Panorama che ha inaugurato la sezione Dokumenta. E’ la storia della Raf, la Rote Armee Fraktion, narrata attraverso le immagini di archivio dei i protagonisti di quella Storia, Andreas Baader, Ulrike Meinhof, Gudrun Ensslin e Holger Meins. Affascinante il legame strettissimo tra storia e immagini che il regista è riuscito a narrare grazie anche alla potenza degli archivi.
Immaginiamo (per ricordarci in Occidente come si possa anche pensare senza ostracismi mediatici) per un attimo cosa accadrebbe in Italia se un Festival osasse raccontare un pezzo di storia sociale, primo del bolino (del bollare) della dannatio memorie. Come se intere stagioni, generazioni, vite fosssero da liquidare interamente. La Baader-Meinhof fu una storia vera nata prima del Sessantotto, dove i figli della Germania post nazista denunciavano una continuità con il passato di cui nessuno voleva parlare. La stagione della lotta armata legata alle inquietudini di quella generazione, che ridiscuteva tutto, protestava – scagliandosi con il “guerra alla guerra”- contro i massacri quotidiani in Vietnam.
Proprio R.W.Fassbinder nel film collettivo Germania in autunno si confrontò direttamente con tutto questo: la RBD, l’Ovest un Paese ricostruito dalla guerra e lontano dal nazismo senza però affrontare molte questioni di fondo.
https://www.berlinale.de/en/programm/berlinale_programm/datenblatt.php?film_id=201503399#tab=filmStills
https://www.berlinale.de/en/programm/berlinale_programm/datenblatt.php?film_id=201510620#tab=video25
https://www.berlinale.de/en/programm/berlinale_programm/datenblatt.php?film_id=201503685#tab=video25
https:www.berlinale.de/en/programm/berlinale_programm/datenblatt.php?film_id=201502895#tab=video25
dal nostro inviato Marco Guarella
Speciale Berlinale. Solchi di memoria sul fronte documentario
Molte sezioni parallele del Festival di Berlino riservano interessanti sorprese, soprattutto sul fronte del documentario. Sono da segnalare tra questi doc. musicali, cinematografici, politici – se sono ancora cosi netti i margini e i generi – quello su “l’icona” di R.Fassbinder (oggi compirebbe settant’anni) del danese Christian Braad Thomsen (Faßbinder. Lieben ohne zu fordern), su Kurt Cobain (Cobain. Montage of Heck) dell’americano Brett Morgen, uno – firmato da tre registi – sulla scena musicale di Berlino Ovest degli anni ’80 (B-Movie: Lust & Sound in West-Berlin) ed uno intitolato Härte (Tough Love) dell’icona gay della cultura tedesca, Rosa von Praunheim, un racconto di molestie sessuali.
Ancora il documentario di Walter Salles, sul regista Jia Zhang-Ke (Jia Zhang-ke, a guy from Fenyang), Sumé – The Sound of a Revolution (un doc proveniente dalla Groenlandia ) racconto di una band anti-colonialista.
Spicca tra tutti, Une jeunesse allemande, documentario francese sulla RAF tedesca, nelle sale di Panorama che ha inaugurato la sezione Dokumenta. E’ la storia della Raf, la Rote Armee Fraktion, narrata attraverso le immagini di archivio dei i protagonisti di quella Storia, Andreas Baader, Ulrike Meinhof, Gudrun Ensslin e Holger Meins. Affascinante il legame strettissimo tra storia e immagini che il regista è riuscito a narrare grazie anche alla potenza degli archivi.
Immaginiamo (per ricordarci in Occidente come si possa anche pensare senza ostracismi mediatici) per un attimo cosa accadrebbe in Italia se un Festival osasse raccontare un pezzo di storia sociale, primo del bolino (del bollare) della dannatio memorie. Come se intere stagioni, generazioni, vite fosssero da liquidare interamente. La Baader-Meinhof fu una storia vera nata prima del Sessantotto, dove i figli della Germania post nazista denunciavano una continuità con il passato di cui nessuno voleva parlare. La stagione della lotta armata legata alle inquietudini di quella generazione, che ridiscuteva tutto, protestava – scagliandosi con il “guerra alla guerra”- contro i massacri quotidiani in Vietnam.
Proprio R.W.Fassbinder nel film collettivo Germania in autunno si confrontò direttamente con tutto questo: la RBD, l’Ovest un Paese ricostruito dalla guerra e lontano dal nazismo senza però affrontare molte questioni di fondo.
https://www.berlinale.de/en/programm/berlinale_programm/datenblatt.php?film_id=201503399#tab=filmStills
https://www.berlinale.de/en/programm/berlinale_programm/datenblatt.php?film_id=201510620#tab=video25
https://www.berlinale.de/en/programm/berlinale_programm/datenblatt.php?film_id=201503685#tab=video25
https:www.berlinale.de/en/programm/berlinale_programm/datenblatt.php?film_id=201502895#tab=video25
dal nostro inviato Marco Guarella
NESSUN COMMENTO