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Spari contro i rom di Vaglio Lise

Spari contro i rom di Vaglio Lise

COSENZA. Due, tre colpi di pistola esplosi in aria, nel buio, da un’auto in corsa: “zingari di merda, siete solo spazzatura”. Un paio di notti dopo, il rituale xenofobo s’è ripetuto. È la cronaca di “normali” nottate nel campo nomadi situato sulla riva sinistra del fiume Crati in un’accogliente città dalle radici democratiche e tolleranti.

Due, tre colpi di pistola esplosi in aria, nel buio, da un’auto in corsa. Poi, affiancando un ragazzo uscito dalla baracca perché attirato dal rumore degli spari, gli attentatori hanno rivendicato a loro modo il gesto: “zingari di merda, siete solo spazzatura”.  E puntuale uno sputo in faccia. Un paio di notti dopo, il rituale xenofobo s’è ripetuto, ma stavolta gli assalitori hanno scelto armi più leggere, prendendo a sassate le macchine. Se invece del parabrezza di un’auto, una delle grosse pietre avesse raggiunto le improvvisate finestre delle baracche, di sicuro a farne le spese sarebbe stato uno dei 37 bambini in età scolare, che vivono nel villaggio.

È la cronaca di “normali” nottate nel campo rom di Vaglio Lise, a Cosenza, sulla riva sinistra del fiume Crati, in un’accogliente città dalle profonde radici democratiche e tolleranti. Trecentosessanta persone abitano in questa favela, senza acqua, luce e servizi igienici. Per la questura, sono solo 120. L’insediamento si è riformato dopo lo sgombero del 2007, quando le baracche furono abbattute dalle ruspe, ma né il Comune né la Provincia vollero trovare una soluzione permanente. Le famiglie sgomberate si accamparono nei capannoni della Stella Cometa, un centro missionario nel cuore della città. Dopo due mesi, in assenza di un minimo intervento delle istituzioni, la struttura ormai ridotta al collasso chiese ai rom di tornare sulla strada. Da allora il campo si è riaggregato. Col passare dei mesi, è cresciuto in estensione e numeri. Una rete spontanea di associazioni cosentine, in aperta polemica con gli amministratori locali, ha garantito, in collaborazione con l’Auser del centro storico, l’Asp, la circoscrizione e le scuole della vicina via Popilia, la frequenza scolastica dei bambini, vaccinazioni, attività laboratoriali e un minimo di assistenza sanitaria.

Da un anno sulla baraccopoli pende un’ordinanza di sgombero della Procura della Repubblica. Un provvedimento mai eseguito, grazie alle associazioni e i comitati antirazzisti che il primo marzo 2010 sono riusciti a fermare le ruspe. L’ordinanza non è stata eseguita neanche nelle disposizioni che chiamano Comune e Provincia alle loro responsabilità sul piano delle politiche d’accoglienza. Nelle ultime settimane, la polizia ha effettuato l’ennesima azione di forza, strappando dalle braccia di alcune mamme i loro bambini sorpresi ad accattonare. Pare che il nuovo prefetto Cannizzaro sia stato inviato a Cosenza proprio per risolvere l’emergenza rom e quella legata allo smaltimento dei rifiuti: un accostamento a dir poco inquietante!

E per il prossimo primo marzo, la rete di associazioni a sostegno dei rom lancia una giornata di mobilitazione cittadina. L’obiettivo è semplice e chiaro: evitare che altre baracche prendano fuoco. Non servirebbe poi piangere. 

Pubblicato su  “il Manifesto” del 16 febbraio 2011


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