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Prostituzione all’Unical: quando il corpo è solo merce

Prostituzione all’Unical: quando il corpo è solo merce

Di recente mi sono decisa a ripescare dal cestino del computer un vecchio articolo un po’ impolverato che, nel 2008, avevo sottoposto al caporedattore di un quotidiano calabrese che ha però preferito non pubblicarlo. Troppo scomodo parlare di prostituzione, soprattutto se si tocca la Chiesa laica della nostra regione: l’Università della Calabria.

In Francia è già un caso nazionale, la storia di una giovane studentessa universitaria che per potersi mantenere gli studi perché “non abbastanza povera da ricevere i sussidi” ma non abbastanza ricca per “farcela da sola”, ha per un breve periodo deciso di fare la squillo di lusso passando da un cachet di 250 euro per uno strip a 400 euro per una notte con uno sconosciuto.

Anche in Italia qualche anno fa imperversavano sui canali nazionali storie di ragazze che riuscivano a guadagnare cifre considerevoli, anche due milioni al mese, “dedicandosi” a pochi ma selezionati clienti.

E all’università della Calabria? Beh, anche lì, il metodo per raggranellare qualche extra è sempre lo stesso.

Le studentesse mettono annunci su siti web (anche degli stessi corsi di laurea dell’ateneo), sulle bacheche o su giornalini locali free press. Annunci generici e vaghi che recitano grosso modo così “Giovane studentessa universitaria esperta in massaggi  offre prestazione…. per info telefonare al xxx”. Generalmente si tratta di una scheda telefonica riservatissima, usata solo per le telefonate di “lavoro”. Il compenso per una notte di piacere va dal denaro ai beni materiali. All’inizio le ragazze si fanno pagare ma, poi, essendo il cliente quasi sempre lo stesso, (un libero professionista dai 40 in su, già “impegnato” con voglia di evadere e disposto a prendersi cura di una piccola e ingenua fanciulla) finisce che diventa un amante premuroso. La ragazza oltre a vendere il corpo si trasforma in una dolce confidente. 

Le prestazioni sono ripagate con regali generosi: abbigliamento firmato, mensilità di fitto, spesa alimentare.

Di diversa natura sono i ragazzi o per meglio dire gli uomini in “cerca di un amore ad ore”. C’è chi offre stanze in appartamenti universitari a costo zero, purché la ragazza sia disposta a concedersi ogniqualvolta il “proprietario” ne abbia voglia.

Molto più esplicito un messaggio scovato nella categoria Offerte di lavoro postato su un noto sito cosentino con oggetto: LAVORO A ORE BEN RETRIBUITO. Il testo: “Giovane imprenditore, molto impegnato e lontano da casa, carino e generoso offre a ragazza universitaria possibilità di arrotondare nella massima discrezione e riservatezza. No sesso”.

Carlus, questo il nome di fantasia utilizzato dal giovane imprenditore, non lascia nessun recapito, per avere maggiori informazioni sulla tipologia di lavoro alla studentessa non resta che rispondere all’annuncio lasciando un proprio recapito telefonico. Dopo tre giorni Carlus si fa vivo con un sms: “Ciao sono Carlus. Posso telefonarti?”. Se segue la risposta affermativa Carlus telefona e la prima cosa che chiede è “Quanti anni hai, come sei fatta e soprattutto quando è possibile vedersi”. Fissato l’appuntamento Carlus si presenta: è vestito in modo distinto e con fare gentile cerca di spiegare cosa vuole ma prima chiarisce un punto fondamentale: “Sono sposato e ho tre figli e sono innamorato di mia moglie”. Alla domanda su cosa cerca risponde in modo chiaro e netto: “Una geisha che mi accontenti in tutto. Con mia moglie ho un rapporto classico, voglio qualcosa di diverso che sia un “gioco di ruolo” privo di sesso ma pieno di coccole e soprattutto carezze”. Carlus non è poi così da buttare, avrà più o meno 40 anni ed è pure carino. Nasce spontanea l’obiezione: perché sceglie di “pagare” quando potrebbe avere un’avventura normalissima. Lui senza battere ciglio replica: “Perché così neutralizzo l’amore. Se pago evito di innamorarmi. Compro solo un bene”.

 


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