COSENZA. Un giornalista, al seguito della Battipagliese, viene pestato a sangue, a Praia a Mare, al termine della partita disputata tra le due squadre. E si ritrova sotto inchiesta con l'accusa di aver assalito i carabinieri. Al via il processo contro di lui, ma un video svela la verità…
Quando Roberto Mandarano e Alfonso Iannicelli, voci storiche del “Mario Tedesco” di Praia a Mare, danno il benvenuto «agli amici di Battipaglia» un fragoroso applauso si leva dalle tribune dove sono assiepate le due tifoserie. È il 25 maggio del 2008 e nello stadio della città balneare del Tirreno cosentino si disputa la semifinale play-off del Campionato di Eccellenza. Gioca la Battipagliese che, dopo prestigiosi anni di serie C, ora vivacchia nei polverosi campi di sesta serie. E il richiamo delle grandi occasioni c’è tutto. Gli spalti sono gremiti al limite della capienza come usa dire in questi casi. Si levano i cori, si agitano le bandiere, si ritmano i tamburi. È una bella giornata di sport. Almeno così sembra.
Il dopogara. D’altronde, nei giorni precedenti al match entrambe le società avevano mosso appelli alla calma. Il presidente del Praia, Gino Spolitu, aveva tirato in ballo «la proverbiale ospitalità praiese». E così è stato. Al triplice fischio finale, con la Battipagliese trionfante, il pubblico applaude calorosamente i ventidue in campo. Capitan Forte si reca sotto il settore ospite ad omaggiare i tifosi zebrati. In cambio ancora applausi. Ma anche pacche sulle spalle. Come quella di mister Liquidato al Presidente Spolitu: «Gino, hai messo su una bella squadra, complimenti!». Un clima amichevole e pacifico, insomma, nonostante la folta rappresentanza di tifosi campani. Quel giorno si sono mossi in 500 dalla piana del Sele. È un pubblico caldo e competente, quello delle zebre di Battipaglia. Il “Pastena” nelle partite casalinghe è una polveriera ed è per tradizione molto gremito in linea, peraltro, con una città che, storicamente, trasuda fervore. Battipaglia, quarant’anni fa, fu teatro di una celebre rivolta popolare. La notizia della chiusura dello zuccherificio e della Manifattura tabacchi scatenò tumulti e manifestazioni. Lo scontro con la polizia fu drammatico: due manifestanti uccisi e oltre duecento feriti. E il giorno seguente fu ancor più cruento. Con la gente che scese in piazza inferocita, bloccando ferrovie, strade ed autostrade, occupando il commissariato e il palazzo comunale. A Roma la notizia dell’insurrezione di Battipaglia indusse il governo a più miti consigli. E ben presto fu trovato l’accordo per la riapertura delle fabbriche.
Si dice che il calcio sia un romanzo popolare e lo specchio della società. Vero o falso che sia, è indubbio che, specie nelle realtà meridionali, il pallone è un veicolo di passione ed entusiasmo. Come quella dei 500 battipagliesi che si spostano in massa alla volta di Praia a Mare, per una partita di sesta serie, sfidando caldo e fatica.
Battipagliaonline.com. Erano bei tempi quelli in cui la casacca bianconera era indossata da calciatori del calibro di Peppe Mascara, Simone Loria, Andrea De Florio, gente che avrebbe calcato ben altri palcoscenici. Fatto sta che la passione per la Battipagliese non è scemata negli anni. Nemmeno dopo un fallimento societario e una lenta risalita dalle categorie dilettantistiche. Anche per Ilario Marmo l’amore per la squadra del cuore non conosce confini. Lui, la sua Battipagliese la segue ovunque e comunque. Perché di mestiere fa il cronista sportivo. Lavora per la testata telematica www.battipagliaonline.com. Il 25 maggio 2008 Marmo parte presto alla volta di Praia. A bordo di un bus carico di tifosi. Alle 15 arriva a Praia, ritira il suo accredito stampa presso il botteghino. «Nessun problema di ordine pubblico. Abbiamo preso il caffè con i praiesi. Poi sono entrato nello stadio e mi sono diretto al settore ospiti. C’erano solo alcuni tifosi bianconeri, i dirigenti ed altri cronisti. Il resto della tifoseria sarebbe arrivato poi a partita inoltrata, causa un ritardo nel treno».
A fine partita il deflusso avviene in modo lento e disordinato. Il settore ospiti è stracolmo e il varco d’uscita strettissimo. «I carabinieri facevano uscire solo gli accreditati, i dirigenti, gli addetti ai lavori e le persone giunte a Praia con le auto e i pullman. I tifosi venuti in treno dovevano attendere ancora un po’ prima di abbandonare le gradinate. Lì comincia la mia disavventura».
Il pestaggio. Ilario Marmo continua il suo racconto per il manifesto. È una vicenda drammatica la sua, dai contorni decisamente kafkiani. «Era quasi giunto il mio turno d’uscita. Avevo il taccuino in mano, dovevo andare negli spogliatoi per le interviste di rito. Ma purtroppo quelle interviste non le ho mai effettuate. Quel giorno non lo dimenticherò mai: ho visto davvero la morte in faccia».
Com’è ampiamente documentato in un video – reperibile in rete al link http://www.youtube.com/watch?v=Gcs-8dtjyQO – Marmo viene colpito con una raffica di manganellate dai carabinieri e poliziotti. Il referto parla chiaro: quattro punti alla testa e trauma cranico. Il giorno dopo Marmo, tornato a Battipaglia, si reca al locale commissariato di Polizia per denunciare l’accaduto. «Ma dopo una settimana arriva la beffa – continua Marmo – mi viene notificata una controdenuncia dei carabinieri di Scalea. Secondo l’accusa avrei picchiato con calci, spintoni, pugni sette carabinieri, quattro dei quali finiti in ospedale con lesioni gravi. Insomma, una cosa davvero paradossale e grottesca. A nulla è valso il video, in mio possesso, che testimonia ampiamente la falsità delle accuse. Ora mi tocca affrontare un procedimento penale senza essere mai stato ascoltato dagli inquirenti e senza essere stato identificato all’epoca dei fatti». Parla col cuore in mano, Marmo, per raccontare una vicenda che presenta delle analogie con il caso Gugliotta ma anche con il caso Argentieri, il giornalista-tifoso del Catanzaro torturato nel carcere di Arezzo (vedi il manifesto del 21 aprile scorso). «Compirò a breve 32 anni, questa vicenda mi ha provato profondamente. Sono sotto osservazione medica e faccio fatica la notte ad addormentarmi. Da quel maledetto giorno ho studiato poco e questo ha rallentato di molto la laurea. Mi mancano solo 3 esami per laurearmi in Ingegneria a Fisciano. Ma quello che mi fa più male è il fatto di essere stato dipinto come persona violenta. Io che sono volontario Avis, che ho prestato assistenza, da obiettore di coscienza, a persone inferme, che sono un non violento convinto».
25 maggio 2010 È una data, il 25 maggio, che rimarrà per sempre impressa nella mente di Ilario Marmo. A due anni esatti di distanza dai fattacci di Praia, a Cosenza nel Palazzo di Giustizia di via Sicilia si è tenuta la prima udienza del processo che lo vede imputato per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni gravi. «Ho portato il video come prova perché si vede chiaramente che io non faccio nulla. Non dovevo essere proprio denunciato. Il filmato mi è stato inviato in rete da alcuni ragazzi. È stato girato con un cellulare dall’alto e si nota chiaramente che gli agenti cercavano di far arretrare la folla, ma dietro di noi c’era una rampa di scale. Eravamo oltre 500 in quel settore ospiti e non si poteva indietreggiare. Su facebook è stato aperto un gruppo “Giustizia x Ilario” che raccoglie il filmato, le foto e tutto ciò che è successo». Il processo è stato aggiornato al prossimo 20 luglio, ironia della sorte anniversario dell’uccisione di Carlo Giuliani al G8 di Genova.
Nel mentre, la Battipagliese è stata promossa in serie D. Ma Ilario Marmo, tifoso e cronista sportivo, non ha potuto condividere la gioia dal vivo: «Ho avuto anche il Daspo. Per cinque anni non posso più svolgere l’attività di cronista sportivo”. E la chiamano “giustizia».
Articolo pubblicato su, Il manifesto, del 10 giugno 2010
Pestaggio di Sesta serie!
COSENZA. Un giornalista, al seguito della Battipagliese, viene pestato a sangue, a Praia a Mare, al termine della partita disputata tra le due squadre. E si ritrova sotto inchiesta con l'accusa di aver assalito i carabinieri. Al via il processo contro di lui, ma un video svela la verità…
Quando Roberto Mandarano e Alfonso Iannicelli, voci storiche del “Mario Tedesco” di Praia a Mare, danno il benvenuto «agli amici di Battipaglia» un fragoroso applauso si leva dalle tribune dove sono assiepate le due tifoserie. È il 25 maggio del 2008 e nello stadio della città balneare del Tirreno cosentino si disputa la semifinale play-off del Campionato di Eccellenza. Gioca la Battipagliese che, dopo prestigiosi anni di serie C, ora vivacchia nei polverosi campi di sesta serie. E il richiamo delle grandi occasioni c’è tutto. Gli spalti sono gremiti al limite della capienza come usa dire in questi casi. Si levano i cori, si agitano le bandiere, si ritmano i tamburi. È una bella giornata di sport. Almeno così sembra.
Il dopogara. D’altronde, nei giorni precedenti al match entrambe le società avevano mosso appelli alla calma. Il presidente del Praia, Gino Spolitu, aveva tirato in ballo «la proverbiale ospitalità praiese». E così è stato. Al triplice fischio finale, con la Battipagliese trionfante, il pubblico applaude calorosamente i ventidue in campo. Capitan Forte si reca sotto il settore ospite ad omaggiare i tifosi zebrati. In cambio ancora applausi. Ma anche pacche sulle spalle. Come quella di mister Liquidato al Presidente Spolitu: «Gino, hai messo su una bella squadra, complimenti!». Un clima amichevole e pacifico, insomma, nonostante la folta rappresentanza di tifosi campani. Quel giorno si sono mossi in 500 dalla piana del Sele. È un pubblico caldo e competente, quello delle zebre di Battipaglia. Il “Pastena” nelle partite casalinghe è una polveriera ed è per tradizione molto gremito in linea, peraltro, con una città che, storicamente, trasuda fervore. Battipaglia, quarant’anni fa, fu teatro di una celebre rivolta popolare. La notizia della chiusura dello zuccherificio e della Manifattura tabacchi scatenò tumulti e manifestazioni. Lo scontro con la polizia fu drammatico: due manifestanti uccisi e oltre duecento feriti. E il giorno seguente fu ancor più cruento. Con la gente che scese in piazza inferocita, bloccando ferrovie, strade ed autostrade, occupando il commissariato e il palazzo comunale. A Roma la notizia dell’insurrezione di Battipaglia indusse il governo a più miti consigli. E ben presto fu trovato l’accordo per la riapertura delle fabbriche.
Si dice che il calcio sia un romanzo popolare e lo specchio della società. Vero o falso che sia, è indubbio che, specie nelle realtà meridionali, il pallone è un veicolo di passione ed entusiasmo. Come quella dei 500 battipagliesi che si spostano in massa alla volta di Praia a Mare, per una partita di sesta serie, sfidando caldo e fatica.
Battipagliaonline.com. Erano bei tempi quelli in cui la casacca bianconera era indossata da calciatori del calibro di Peppe Mascara, Simone Loria, Andrea De Florio, gente che avrebbe calcato ben altri palcoscenici. Fatto sta che la passione per la Battipagliese non è scemata negli anni. Nemmeno dopo un fallimento societario e una lenta risalita dalle categorie dilettantistiche. Anche per Ilario Marmo l’amore per la squadra del cuore non conosce confini. Lui, la sua Battipagliese la segue ovunque e comunque. Perché di mestiere fa il cronista sportivo. Lavora per la testata telematica www.battipagliaonline.com. Il 25 maggio 2008 Marmo parte presto alla volta di Praia. A bordo di un bus carico di tifosi. Alle 15 arriva a Praia, ritira il suo accredito stampa presso il botteghino. «Nessun problema di ordine pubblico. Abbiamo preso il caffè con i praiesi. Poi sono entrato nello stadio e mi sono diretto al settore ospiti. C’erano solo alcuni tifosi bianconeri, i dirigenti ed altri cronisti. Il resto della tifoseria sarebbe arrivato poi a partita inoltrata, causa un ritardo nel treno».
A fine partita il deflusso avviene in modo lento e disordinato. Il settore ospiti è stracolmo e il varco d’uscita strettissimo. «I carabinieri facevano uscire solo gli accreditati, i dirigenti, gli addetti ai lavori e le persone giunte a Praia con le auto e i pullman. I tifosi venuti in treno dovevano attendere ancora un po’ prima di abbandonare le gradinate. Lì comincia la mia disavventura».
Il pestaggio. Ilario Marmo continua il suo racconto per il manifesto. È una vicenda drammatica la sua, dai contorni decisamente kafkiani. «Era quasi giunto il mio turno d’uscita. Avevo il taccuino in mano, dovevo andare negli spogliatoi per le interviste di rito. Ma purtroppo quelle interviste non le ho mai effettuate. Quel giorno non lo dimenticherò mai: ho visto davvero la morte in faccia».
Com’è ampiamente documentato in un video – reperibile in rete al link http://www.youtube.com/watch?v=Gcs-8dtjyQO – Marmo viene colpito con una raffica di manganellate dai carabinieri e poliziotti. Il referto parla chiaro: quattro punti alla testa e trauma cranico. Il giorno dopo Marmo, tornato a Battipaglia, si reca al locale commissariato di Polizia per denunciare l’accaduto. «Ma dopo una settimana arriva la beffa – continua Marmo – mi viene notificata una controdenuncia dei carabinieri di Scalea. Secondo l’accusa avrei picchiato con calci, spintoni, pugni sette carabinieri, quattro dei quali finiti in ospedale con lesioni gravi. Insomma, una cosa davvero paradossale e grottesca. A nulla è valso il video, in mio possesso, che testimonia ampiamente la falsità delle accuse. Ora mi tocca affrontare un procedimento penale senza essere mai stato ascoltato dagli inquirenti e senza essere stato identificato all’epoca dei fatti». Parla col cuore in mano, Marmo, per raccontare una vicenda che presenta delle analogie con il caso Gugliotta ma anche con il caso Argentieri, il giornalista-tifoso del Catanzaro torturato nel carcere di Arezzo (vedi il manifesto del 21 aprile scorso). «Compirò a breve 32 anni, questa vicenda mi ha provato profondamente. Sono sotto osservazione medica e faccio fatica la notte ad addormentarmi. Da quel maledetto giorno ho studiato poco e questo ha rallentato di molto la laurea. Mi mancano solo 3 esami per laurearmi in Ingegneria a Fisciano. Ma quello che mi fa più male è il fatto di essere stato dipinto come persona violenta. Io che sono volontario Avis, che ho prestato assistenza, da obiettore di coscienza, a persone inferme, che sono un non violento convinto».
25 maggio 2010 È una data, il 25 maggio, che rimarrà per sempre impressa nella mente di Ilario Marmo. A due anni esatti di distanza dai fattacci di Praia, a Cosenza nel Palazzo di Giustizia di via Sicilia si è tenuta la prima udienza del processo che lo vede imputato per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni gravi. «Ho portato il video come prova perché si vede chiaramente che io non faccio nulla. Non dovevo essere proprio denunciato. Il filmato mi è stato inviato in rete da alcuni ragazzi. È stato girato con un cellulare dall’alto e si nota chiaramente che gli agenti cercavano di far arretrare la folla, ma dietro di noi c’era una rampa di scale. Eravamo oltre 500 in quel settore ospiti e non si poteva indietreggiare. Su facebook è stato aperto un gruppo “Giustizia x Ilario” che raccoglie il filmato, le foto e tutto ciò che è successo». Il processo è stato aggiornato al prossimo 20 luglio, ironia della sorte anniversario dell’uccisione di Carlo Giuliani al G8 di Genova.
Nel mentre, la Battipagliese è stata promossa in serie D. Ma Ilario Marmo, tifoso e cronista sportivo, non ha potuto condividere la gioia dal vivo: «Ho avuto anche il Daspo. Per cinque anni non posso più svolgere l’attività di cronista sportivo”. E la chiamano “giustizia».
Articolo pubblicato su, Il manifesto, del 10 giugno 2010
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