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Ottava sconfitta, il Catanzaro va a fondo

Ottava sconfitta, il Catanzaro va a fondo

CATANIA-Catanzaro 3-1. La partita è finita da una manciata di secondi. Sulle scene festanti dei giocatori locali che ringraziano il supporto dei tifosi felici i miei occhi sovrappongono i giri di campo di Giuseppe Cosentino prima delle partite casalinghe dei giallorossi, il presidente baffuto e sorridente che applaude il pubblico che lo osanna al passaggio fino alla salita trionfale al suo posto in tribuna vip. Accadeva appena un paio d’anni fa, quando l’imprenditore di Cinquefrondi godeva di stima illimitata e il Ceravolo non dimenticava mai di tributare il rituale plauso al sacrificio fatto per dare nuova vita al nostro calcio.

Un contrasto impietoso e irriverente. Il mio calcisticamente tartassato subconscio si prende gioco di me di fronte l’ennesima sconfitta stagionale (l’ottava coppe esclusa), rispolverando momenti che a riviverli oggi sembrano sputati da un’epoca remota.

FUTURO NEBULOSO Non so se prenderla a ridere (istericamente) o lasciarmi andare allo sconforto. Fatto sta che catanzaro, stadio ceravolo-dic2010-001c’è ben poco spazio per l’immaginazione che stimolata da emozioni negative scade nel miraggio. La realtà impera con un carico di tristezza. Il Catanzaro va a fondo, tra le contestazioni e i mugugni del suo sparpagliato popolo. Non basta l’approccio orgoglioso e leggermente sfrontato che Nunzio Zavettieri cerca di infondere alla squadra dal giorno del suo arrivo. Se in certe zone del campo sei più scarso, meno concentrato e motivato, il gol prima o poi arriva. E perdi. Magari alla fine ti faranno i complimenti per aver messo lo stesso in difficoltà gli altri, oggettivamente più forti, ma qui il guaio è che, classifica alla mano, sono tutti più forti. Domenica prossima a Foggia, a esempio, per strappare un punto è richiesta un’impresa ai limiti dell’eroico. Mister Z invita tutti a non mollare e prova a ripartire dal pochissimo di buono visto a Catania. E Mister Gicos? Nel silenzio che si è autoimposto sembra inghiottito dagli eventi ma conoscendolo sarà avvelenato e deluso dal lavoro svolto dall’area tecnica, che di sicuro non doveva spendere il budget a disposizione per farsi risucchiare in breve tempo al ventesimo posto. Con o senza voglia deve porre rimedio, lui o chi per lui, trovare soluzioni in corsa senza più sbagliare ingaggio, deve comunque garantire la permanenza in Lega Pro. Il presente è già decisamente avvolto nella nebbia, continuare a muoversi a tentoni (scialacquando denari) vuol dire pregiudicare anche il futuro.

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Antonello Preiti

CHI L’HA VISTO (IL PROGETTO)? Note dal taccuino: bene Esposito e Icardi, dignitosi Patti e Grandi, difesa da rifare (poco conta se gioca a 3 o a 4) a cominciare dalla lentissima coppia centrale, Van Rasbeeck che può andar bene ma dietro la punta è fuori ruolo, Maita certezza ma serve un’alternativa seria a Carcione (incostante), attacco privo di (almeno) un attaccante capace di garantire un contributo personale in doppia cifra. Il resto si confonde nella mediocrità, tra pochi spunti di gioco brillante e qualche occasione sotto rete (sprecata). Lo ripeto da settimane perché da settimane si continua ad andar giù, ma il punto è sempre quello: o si rinforza la rosa o si va in D. Il progetto di Antonello Preiti (se ci sei batti un colpo) al momento è materia buona per la Sciarelli. Il rischio di retrocedere, invece, è ben visibile.

FOZZAPALEMMO Il siparietto regalato da Giuseppe Prestia al culmine della bagarre provocata da uno stupido fallo su Cunzi, è il momento clou di una partita che quanto meno non annoia. L’arbitro lo espelle e il difensore centrale perde la testa, urla “forza palermo” (è nato lì ed è cresciuto nelle giovanili rosanero) in faccia alla tribuna mentre esce incazzato e nel tunnel che porta negli spogliatoi quasi lo linciano. La parabola di Prestia è un po’ il simbolo di questo disgraziato Catanzaro che d’estate sognava di “andare a comandare” e ad autunno si sveglia ultimo in classifica dopo quattro cambi di allenatori in tre mesi. A 18 anni lo spacciavano per enfant prodige con sicuro avvenire nel calcio di cosentino-sotto-la-ovestlusso, spicca il volo a caccia di consacrazione (lo prende il Parma, va in prestito ad Ascoli e Crotone, assaggia pure la serie A rumena con Otelul e Ploiesti), poi un infortunio al ginocchio gli complica la carriera ma incrocia di nuovo il ds Preiti e rientra in Italia sbucando dal Sansinato per rilanciarsi insieme alle Aquile. Tredici giornate di campionato dopo lo ritroviamo in perenne difficoltà con le punte avversarie, a beccare gol e contare sconfitte con il pallottoliere. Come il Catanzaro di Cosentino, che non fa più esaltanti giri di campo tra gli applausi perché (in fondo) non c’è niente da applaudire.

Ivan Montesano


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