Chiricò food & beverage
Catanzaro – Chi è tanto coraggioso, oggi, da investire con capitali propri? E chi, così tanto da farlo a Catanzaro? Pensando alla nostra piccola comunità fatta di pochi imprenditori, ormai padroni del mercato, verrebbe da pensare a loro, ma non è così.
Lo ha fatto invece un imprenditore giovane e dinamico che opera da molti anni nel settore della ristorazione e che in città è sinonimo di tradizione. Ma se chiediamo ad Emiliano Lombardo se lo rifarebbe, ci risponde senza esitazione e con il viso corrucciato: no, assolutamente no!
Quella che stiamo per raccontare è una di quelle storie assurde al confine tra la querelle di natura condominiale in cui si scontrano il primato della proprietà privata e il diritto del lavoro, e il rapporto tra l’imprenditore e le istituzioni. Ne viene fuori un quadro a tinte fosche, per certi versi disarmante, in cui l’imprenditore, in questo caso, si sente “vittima di accanimento e vessazione da parte delle istituzioni”. Ciò che accade in effetti è assurdo.
In meno di sei mesi “Chiricò food & Beverage” viene chiuso per ben due volte (la prima per circa due settimane, la seconda per 12 giorni) e subisce un danno complessivo che si aggira intorno ai 100 mila euro, senza calcolare quello all’immagine. In tempi di vacche magre e di banche poco disposte al credito parliamo di cifre abnormi “che potrebbero rivelarsi devastanti per il gruppo societario – sostiene l’imprenditore – tanto da prefigurare un fallimento a catena di tutte le attività e il conseguente dramma disoccupazionale per circa 30 famiglie impiegate”.
Il 20 novembre l’imprenditore ritrova uno spiraglio di luce. Un sospensiva del Tar consente la riapertura dell’attività annullando il provvedimento di annullamento della segnalazione d’inizio attività del 23 luglio 2013, adottato dal dirigente Settore edilizia e Suap del Comune di Catanzaro, nonché del rapporto d’ispezione notificato all’esponente dall’Azienda sanitaria provinciale. Si attende dunque l’udienza del 19 dicembre, “ma il primo passo verso la giustizia è stato cmpiuto”. L’accoglimento dell’istanza cautelare inaudita di altera parte presentata dagli avvocati Emmanuele Frangella e Fausto Colosimo anticipa “che – spiegano i legali – abbiamo ragione in pieno e lo dimostreremo nel corso della imminente discussione”. Tuttavia, restano l’amarezza e il danno.
E’ opportuno quindi raccontare questa storia per dare l’esatta misura di come sia difficile fare l’imprenditore su questo territorio dove “non solo non vieni aiutato ma perfino osteggiato, rallentato, smontato – racconta ancora Lombardo – nonostante la inequivocabile disponibilità a voler rimanere nella piena legalità”.
Ricapitoliamo. Il gruppo Chiricò opera da circa 40 anni in città offrendo un ampio servizio di tavola calda, pizzeria, rosticceria affermandosi nel tempo e divenendo protagonista del settore grazie ai diversi punti vendita che coprono parte del territorio: San Leonardo, via Indipendenza, Piazza Roma, Mater Domini. Tutto sembra indicare la giusta direzione per continuare ad investire e così la società, alla luce dei risultati ottenuti, decide di rilanciare ancora una volta sul proprio marchio, e per farlo attinge ai fondi delle proprie casse. “Nessun finanziamento, nessun contributo”.
Ciò che vuole realizzare Lombardo è un’attività nuova, moderna, curata nello stile, che sia poliedrica nell’offerta ma con uno standard di qualità ormai consolidato. Un salto di qualità strutturale che richiede un grosso capitale iniziale. Lombardo e soci immaginano a tal fine un locale dalle ampie dimensioni che sia facilmente raggiungibile e un punto di riferimento non solo per i residenti ma in generale per tutti quelli che entrano ed escono dalla città. Collocazione naturale: le porte del capoluogo. Il 23 aprile 2013, dopo circa un anno d’incubazione e spese di locazione, inaugura così, “Chiricò food & Beverage”.
Mix di personale giovane ed esperto, primi riscontri positivi nel giro di pochi giorni, ma nessuno immagina che sotto traccia si sta combattendo una piccola battaglia per affermare una presenza osteggiata fin dall’inizio dal condominio. Il locale viene bersagliato da una serie di lamentele e denunce, finanche per schiamazzi notturni. “Assistiamo – ricorda Lombardo – ad un tentato suicidio della donna residente al primo piano dell’edificio contraria all’istallazione delle canne fumarie. Riceviamo di tutto: polizia, carabinieri, Nas, vigili del fuoco, vigili urbani, Asp. Si lavora in un clima di insicurezza e precarietà assoluta – commenta l’imprenditore – e non capiamo perché. Vorremmo che tutto ciò finisse”.
Ci si mette pure la stampa che il 5 luglio 2013 pubblica sul Quotidiano della Calabria un pezzo senza firma in cui la coppia residente in via Gioacchino da Fiore racconta alla stampa di dubbi sulla rete fognaria, di odori nauseabondi e in cima alla lista dei problemi, “la presenza di una canna fumaria di troppo” che rappresenta il motivo di maggiore attrito. Il clima è questo. Un caso spinoso che finisce per ora nelle aule del Tribunale amministrativo e che attende di essere discusso il prossimo 19 dicembre e che si spera possa riportare la giusta soluzione ai problemi.
Sarebbe inutile continuare a snocciolare ulteriori fatti ed episodi per arricchire di particolari anche suggestivi questa storia. Ciò che più lascia sbigottiti invece, è il ruolo del Comune di Catanzaro che guarda caso ritrova la sua perentorietà nell’adottare un provvedimento così radicale, senza tuttavia preoccuparsi del danno enorme che va ad arrecare ad una società di capitali che, oggi, in un momento di tale crisi, intende investire ancora sul territorio con coraggio e spirito d’impresa. La Giustizia deciderà in merito.
La politica dal canto suo faccia la sua parte, sempre e comunque, anche laddove non intende mettere il naso e soprattutto senza accanirsi dove può…
Lo sfogo di un imprenditore: noi vessati dalle istituzioni
Chiricò food & beverage
Catanzaro – Chi è tanto coraggioso, oggi, da investire con capitali propri? E chi, così tanto da farlo a Catanzaro? Pensando alla nostra piccola comunità fatta di pochi imprenditori, ormai padroni del mercato, verrebbe da pensare a loro, ma non è così.
Lo ha fatto invece un imprenditore giovane e dinamico che opera da molti anni nel settore della ristorazione e che in città è sinonimo di tradizione. Ma se chiediamo ad Emiliano Lombardo se lo rifarebbe, ci risponde senza esitazione e con il viso corrucciato: no, assolutamente no!
Quella che stiamo per raccontare è una di quelle storie assurde al confine tra la querelle di natura condominiale in cui si scontrano il primato della proprietà privata e il diritto del lavoro, e il rapporto tra l’imprenditore e le istituzioni. Ne viene fuori un quadro a tinte fosche, per certi versi disarmante, in cui l’imprenditore, in questo caso, si sente “vittima di accanimento e vessazione da parte delle istituzioni”. Ciò che accade in effetti è assurdo.
In meno di sei mesi “Chiricò food & Beverage” viene chiuso per ben due volte (la prima per circa due settimane, la seconda per 12 giorni) e subisce un danno complessivo che si aggira intorno ai 100 mila euro, senza calcolare quello all’immagine. In tempi di vacche magre e di banche poco disposte al credito parliamo di cifre abnormi “che potrebbero rivelarsi devastanti per il gruppo societario – sostiene l’imprenditore – tanto da prefigurare un fallimento a catena di tutte le attività e il conseguente dramma disoccupazionale per circa 30 famiglie impiegate”.
Il 20 novembre l’imprenditore ritrova uno spiraglio di luce. Un sospensiva del Tar consente la riapertura dell’attività annullando il provvedimento di annullamento della segnalazione d’inizio attività del 23 luglio 2013, adottato dal dirigente Settore edilizia e Suap del Comune di Catanzaro, nonché del rapporto d’ispezione notificato all’esponente dall’Azienda sanitaria provinciale. Si attende dunque l’udienza del 19 dicembre, “ma il primo passo verso la giustizia è stato cmpiuto”. L’accoglimento dell’istanza cautelare inaudita di altera parte presentata dagli avvocati Emmanuele Frangella e Fausto Colosimo anticipa “che – spiegano i legali – abbiamo ragione in pieno e lo dimostreremo nel corso della imminente discussione”. Tuttavia, restano l’amarezza e il danno.
E’ opportuno quindi raccontare questa storia per dare l’esatta misura di come sia difficile fare l’imprenditore su questo territorio dove “non solo non vieni aiutato ma perfino osteggiato, rallentato, smontato – racconta ancora Lombardo – nonostante la inequivocabile disponibilità a voler rimanere nella piena legalità”.
Ricapitoliamo. Il gruppo Chiricò opera da circa 40 anni in città offrendo un ampio servizio di tavola calda, pizzeria, rosticceria affermandosi nel tempo e divenendo protagonista del settore grazie ai diversi punti vendita che coprono parte del territorio: San Leonardo, via Indipendenza, Piazza Roma, Mater Domini. Tutto sembra indicare la giusta direzione per continuare ad investire e così la società, alla luce dei risultati ottenuti, decide di rilanciare ancora una volta sul proprio marchio, e per farlo attinge ai fondi delle proprie casse. “Nessun finanziamento, nessun contributo”.
Ciò che vuole realizzare Lombardo è un’attività nuova, moderna, curata nello stile, che sia poliedrica nell’offerta ma con uno standard di qualità ormai consolidato. Un salto di qualità strutturale che richiede un grosso capitale iniziale. Lombardo e soci immaginano a tal fine un locale dalle ampie dimensioni che sia facilmente raggiungibile e un punto di riferimento non solo per i residenti ma in generale per tutti quelli che entrano ed escono dalla città. Collocazione naturale: le porte del capoluogo. Il 23 aprile 2013, dopo circa un anno d’incubazione e spese di locazione, inaugura così, “Chiricò food & Beverage”.
Mix di personale giovane ed esperto, primi riscontri positivi nel giro di pochi giorni, ma nessuno immagina che sotto traccia si sta combattendo una piccola battaglia per affermare una presenza osteggiata fin dall’inizio dal condominio. Il locale viene bersagliato da una serie di lamentele e denunce, finanche per schiamazzi notturni. “Assistiamo – ricorda Lombardo – ad un tentato suicidio della donna residente al primo piano dell’edificio contraria all’istallazione delle canne fumarie. Riceviamo di tutto: polizia, carabinieri, Nas, vigili del fuoco, vigili urbani, Asp. Si lavora in un clima di insicurezza e precarietà assoluta – commenta l’imprenditore – e non capiamo perché. Vorremmo che tutto ciò finisse”.
Ci si mette pure la stampa che il 5 luglio 2013 pubblica sul Quotidiano della Calabria un pezzo senza firma in cui la coppia residente in via Gioacchino da Fiore racconta alla stampa di dubbi sulla rete fognaria, di odori nauseabondi e in cima alla lista dei problemi, “la presenza di una canna fumaria di troppo” che rappresenta il motivo di maggiore attrito. Il clima è questo. Un caso spinoso che finisce per ora nelle aule del Tribunale amministrativo e che attende di essere discusso il prossimo 19 dicembre e che si spera possa riportare la giusta soluzione ai problemi.
Sarebbe inutile continuare a snocciolare ulteriori fatti ed episodi per arricchire di particolari anche suggestivi questa storia. Ciò che più lascia sbigottiti invece, è il ruolo del Comune di Catanzaro che guarda caso ritrova la sua perentorietà nell’adottare un provvedimento così radicale, senza tuttavia preoccuparsi del danno enorme che va ad arrecare ad una società di capitali che, oggi, in un momento di tale crisi, intende investire ancora sul territorio con coraggio e spirito d’impresa. La Giustizia deciderà in merito.
La politica dal canto suo faccia la sua parte, sempre e comunque, anche laddove non intende mettere il naso e soprattutto senza accanirsi dove può…
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