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Le Giare, noi non dimentichiamo…

Le Giare, noi non dimentichiamo…

Le prime cronache della ricerca di Vinicio Caliò, un’operazione lunga e complessa che, tra una promessa d’intervento e un rinvio burocratico, andrà avanti (inutilmente) fino all’estate 2001. E’ stato fatto davvero proprio tutto quello che si poteva (e si doveva) fare? E’ stata sopratutto colpa di una fatale calamità naturale che da tre giorni flagellava la costa? Crediamo di no. E siamo qui a ricordare.

Noi non dimentichiamo. Mai. E proviamo a ricordare nel modo giusto la drammatica esondazione di una fiumara chiamata Beltrame, costata la vita a 13 persone.

No. Non è stata una fatale calamità naturale, colpa di una dannata pioggia che dieci anni fa, di questi tempi, flagellava la zona senza pietà da tre giorni. L’alluvione del campeggio Le Giare e la relativa, terribile tragedia è strettamente collegata all’arroganza dei poteri forti esercitata per anni con un format tutto calabrese. È una tragedia provocata dalla totale assenza di controlli, dalla logica diffusa del profitto a tutti i costi anche se solo di bottega, dalla complicità e dalla collusione di svariati organi e funzionari di Stato, dalla miopia e dai silenzi dell’informazione. Nel nostro ricordo c’è la consapevolezza che i giusti, i semplici, sono spesso umiliati e sconfitti. E che il desiderio di giustizia, quella vera, è rimasto schiacciato in fondo allo stomaco.

Il corpo di Vinicio Caliò, che in quel campeggio lavorava da “stagionale” insieme al fratello Luca, non è mai stato trovato. Il pezzo riproposto qualche rigo più sotto è il primo di una lunga serie di articoli dedicati al lentissimo ingranaggio messo in moto dalle autorità per la sua ricerca, in modo particolare tra settembre 2000 e l’estate del 2001. Un meccanismo di ricerche lento, complicato, per certi versi tardivo e, purtroppo, vano.

Uno scavatore rimuove la sabbia di fronte il lido Turrati. Una grossa ruspa scava invece su quella che fino a sabato era la rinomata spiaggia del camping Le Giare. Con il braccio metallico munito di una pala che ricorda un ragno, scava impietosa sotto gli occhi dei familiari e degli amici di Vinicio Caliò. Un giovane catanzarese che contribuiva a far funzionare quel campeggio ancora compreso nella lista dei tre dispersi, secondo fonti ancora provvisorie. Tre persone, tre vite spazzate via dalla furia delle acque che nel buio di domenica mattina ha allagato il campeggio di dolore e distruzione.

Un disastro per il quale Catanzaro ora piange i suoi figli scomparsi nell’onda di fango, e per il quale numerosi uomini della Protezione civile, dei vigili del fuoco, dell’esercito e della guardia costiera continuano a scavare terra e a scrutare il mare.  Ma per restituire Vinicio a chi ancora stenta a credere che sia stato inghiottito da quell’inferno si è mobilitato un intero quartiere del capoluogo, Pontepiccolo. E non solo. Già dalle prime luci dell’alba di quel maledetto giorno. Quando alla prima terribile conta dei superstiti e dei feriti Vinicio è risultato assente.

Un primo gruppo di amici ha raggiunto il campeggio, fino a poche ore prima sede di risate e incontri, per dare una mano concreta ai fratelli. Prima all’interno, poi lungo la spiaggia, sotto una pioggia infame. Una cosa naturale, per un ragazzo del quale ora si ricorda il sorriso sincero e l’amabilità. Un atto di solidarietà e di affetto per la gente di Pontepiccolo, dove si conoscono tutti, dove si cresce insieme per le vie del quartiere dividendo sogni e aspettative. Ricerche febbrili, mentre la notizia del ritrovamento del fratello più piccolo, Luca, accendeva speranze per soffocarne altre.

Perché Luca Caliò ha raccontato che Vinicio era con lui, anche dopo che quell’albero su cui si erano arrampicati per salvarsi ha finito per cedere, trascinato verso il mare insieme al suo carico di vite umane. Luca ricorda bene di aver oltrepassato l’ultimo ponte e di aver perso di vista lì il fratello, nel vortice delle acque. Il racconto di Luca ha messo in moto un folto gruppo di volontari anche lunedì, rimpinguato da una ventina di ultras del Catanzaro (amichevolmente legati a Vinicio e ai suoi fratelli) che armati di buona volontà hanno quasi forzato il blocco delle forze dell’ordine pur di arrivare alla foce del torrente. E’ là che le ricerche sono proseguite anche ieri, fino al pomeriggio inoltrato, dopo che i vigili hanno dato ascolto alle richieste della famiglia del giovane.

Ricerche vane fino a sera, dopo un sopralluogo (chiesto ancora dai familiari) tra gli scogli situati parecchie centinaia di metri più in là, verso Soverato. Forse Vinicio è stato trasportato dalla corrente, magari esanime. Fratelli e amici ne sono certi, “Vinicio è in mare” quasi urlano perché qualcuno li ascolti davvero. “Bisogna cercare anche sulla spiaggia – spiegano – e in mare, ma due sommozzatori non bastano”.

Non otterranno altro che una squadra di volontari,  promessa dal comandante dei vigili del fuoco, che stamattina controllerà insieme a loro quelle rocce ricoperte ora dai detriti del torrente impazzito. Scaveranno con le pale ma senza l’ausilio di mezzi pesanti, perché per ora questi servono nella zona colpita dalla piena. Anche se Vinicio potrebbe essere in fondo al mare. Nella silenziosa attesa che le macchinose ricerche mettano fine alla disperata angoscia di chi negli occhi ha impresso il suo sorriso.

Ivan Montesano

Pubblicato il 13 settembre 2000 sul Quotidiano della Calabria


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