Selezionano amore e odio che produciamo da mattina a sera. Se li portano nella baracca, quasi fossero trofei. Li infilano sotto il cuscino prima di abbandonarsi a un sonno umido e imprevedibile. Così difendono i sogni loro, brandiscono le pulsioni nostre buone e cattive, agitandole per distrarre spiriti maligni che attraversano l’umana mente dormiente
Emaciati, smagriti, s’aggrappano a semafori e cassonetti stracolmi. Raccattano cocci e molliche di quanto andiamo producendo e consumando. Hanno le sopracciglia come il conte Vlad. Però non sanno succhiare. Preferiscono raccattare. I rom sono gli addetti alla raccolta differenziata dei sentimenti. Selezionano amore e odio che produciamo da mattina a sera. Se li portano nella baracca, quasi fossero trofei. Li infilano sotto il cuscino prima di abbandonarsi a un sonno umido e imprevedibile. Così difendono i sogni loro, brandiscono i sentimenti nostri buoni e cattivi, agitandoli per distrarre spiriti maligni che attraversano l’umana mente dormiente.
A Natale tutti vogliamo bene ai bambini rom. Ai semafori, meno parolacce, più sorrisi e tanta elemosina. Fare beneficienza libera endorfina nel cervello. Ci fa sentire meglio. Quasi quasi ce li porteremmo a casa. Peccato che emanino un odore così forte! Il vecchietto fermo al semaforo pensa tra sé e sé che la zingara di turno all’incrocio oggi non è male. Ha bei fianchi, gli occhi da Bambi. Basterebbe una bella doccia. Ma a volerne godere si rischierebbe di contrarre una brutta malattia, una di quelle che andavano di moda cent’anni fa. Meglio allungare la manina sì, però soltanto per concederle mezzo euro. C’è più libido nel sesso o nella carità?
Per il disprezzo c’è tempo. Undici mesi passano presto. Trecentocinquanta giorni pieni zeppi di astio, rancore, diffidenza, occhiatacce, sopportazione, lucida fredda ipocrita constatazione: “sono così diversi da noi. Non cambieranno mai”.
E persino quando amore e odio non vomitiamo, come in ogni raccolta differenziata che si rispetti, c’è sempre qualcosa da recuperare, riciclare, riusare. Basterà fottere la loro immagine, svenderla sul tavolo delle istituzioni. Perché per quanto gli zingari siano maestri di riciclaggio e sopravvivenza, non c’è niente di più “zingaro” al mondo di un italiano che sopravvive lucrando sul riciclaggio dei sentimenti che intorno alla nazione nomade si possono sprigionare. In fondo i rom non hanno un futuro. Soltanto, un eterno presente. Quando sceglieranno di averlo, sarà ribellione. Che in Calabria può significare un battesimo, un bacio, una ‘ndrina e un mitra. Allora sì, faranno paura. E ci sarà ben poco da differenziare. L’amore se lo terranno per loro. E l’odio ce lo vomiteranno addosso.
“Tam Tam e Segnali di Fumo”, speciale gennaio 2011
I rom e la raccolta differenziata dei sentimenti
Selezionano amore e odio che produciamo da mattina a sera. Se li portano nella baracca, quasi fossero trofei. Li infilano sotto il cuscino prima di abbandonarsi a un sonno umido e imprevedibile. Così difendono i sogni loro, brandiscono le pulsioni nostre buone e cattive, agitandole per distrarre spiriti maligni che attraversano l’umana mente dormiente
Emaciati, smagriti, s’aggrappano a semafori e cassonetti stracolmi. Raccattano cocci e molliche di quanto andiamo producendo e consumando. Hanno le sopracciglia come il conte Vlad. Però non sanno succhiare. Preferiscono raccattare. I rom sono gli addetti alla raccolta differenziata dei sentimenti. Selezionano amore e odio che produciamo da mattina a sera. Se li portano nella baracca, quasi fossero trofei. Li infilano sotto il cuscino prima di abbandonarsi a un sonno umido e imprevedibile. Così difendono i sogni loro, brandiscono i sentimenti nostri buoni e cattivi, agitandoli per distrarre spiriti maligni che attraversano l’umana mente dormiente.
A Natale tutti vogliamo bene ai bambini rom. Ai semafori, meno parolacce, più sorrisi e tanta elemosina. Fare beneficienza libera endorfina nel cervello. Ci fa sentire meglio. Quasi quasi ce li porteremmo a casa. Peccato che emanino un odore così forte! Il vecchietto fermo al semaforo pensa tra sé e sé che la zingara di turno all’incrocio oggi non è male. Ha bei fianchi, gli occhi da Bambi. Basterebbe una bella doccia. Ma a volerne godere si rischierebbe di contrarre una brutta malattia, una di quelle che andavano di moda cent’anni fa. Meglio allungare la manina sì, però soltanto per concederle mezzo euro. C’è più libido nel sesso o nella carità?
Per il disprezzo c’è tempo. Undici mesi passano presto. Trecentocinquanta giorni pieni zeppi di astio, rancore, diffidenza, occhiatacce, sopportazione, lucida fredda ipocrita constatazione: “sono così diversi da noi. Non cambieranno mai”.
E persino quando amore e odio non vomitiamo, come in ogni raccolta differenziata che si rispetti, c’è sempre qualcosa da recuperare, riciclare, riusare. Basterà fottere la loro immagine, svenderla sul tavolo delle istituzioni. Perché per quanto gli zingari siano maestri di riciclaggio e sopravvivenza, non c’è niente di più “zingaro” al mondo di un italiano che sopravvive lucrando sul riciclaggio dei sentimenti che intorno alla nazione nomade si possono sprigionare. In fondo i rom non hanno un futuro. Soltanto, un eterno presente. Quando sceglieranno di averlo, sarà ribellione. Che in Calabria può significare un battesimo, un bacio, una ‘ndrina e un mitra. Allora sì, faranno paura. E ci sarà ben poco da differenziare. L’amore se lo terranno per loro. E l’odio ce lo vomiteranno addosso.
“Tam Tam e Segnali di Fumo”, speciale gennaio 2011
NESSUN COMMENTO