Mai come quest’anno il Catanzaro lotta per la salvezza della categoria. Un campionato nato male, programmato malissimo e proseguito peggio. A sole sette giornate dal termine il Catanzaro di Erra è in piena zona play-out e deve guardarsi dalle ultime che stanno risalendo la china. Crisi di risultati, di gioco, di continuità. Un’annata a dir poco penosa con 5 allenatori e una gestione societaria più che confusa, ai limiti del dilettantismo. Giocatori disorientati, spogliatoio spaccato, pubblico disilluso. Sono questi gli elementi che caratterizzano una stagione in cui al Ds Preiti va attribuita la principale responsabilità di aver costruito una squadra assolutamente limitata sotto il profilo tecnico e incapace di esprimere gioco e risultati. La salvezza è un miracolo.
Cosa dire del presidente Cosentino. Qualcuno ancora lo ringrazia per continuare a tenere in vita il Catanzaro, per i bilanci in regola, le iscrizioni puntuali e gli stipendi sempre onorati. Ma la maggior parte dei tifosi non ne può più di lui. Preferisce disertare le gradine, ormai convinti che questa società non ha ambizioni e non vuole fare calcio. Il numero degli spettatori paganti ogni domenica è da record negativo. Sarebbe il caso che Mr Gicos pensasse che far calcio è una cosa molto seria e che non basta affidare il giocattolo nelle mani di sua figlia Jessica e il budget a un personaggio come Preiti. Dovrebbe affidarsi a figure che amano il Catanzaro e che hanno fatto la sua storia. Ma chissà perché non vuole guadarli. Probabilmente dovrebbe ripassare o meglio imparare la storia il nostro caro presidente, e scoprire che il l’Us Catanzaro 1929 ha rappresentato per anni la gloria del sud, il vanto per centinaia di migliaia di tifosi sparsi in tutto il mondo non solo per la serie A ma per la passione e il legame viscerale che sempre ha contraddistinto questa piazza. Ma soprattutto il nostro presidente dovrebbe capire che fare il patron a Catanzaro non è la stessa cosa che farlo altrove. Presidente lei ha una grande colpa: è riuscito a raffreddare il cuore di migliaia di tifosi con la sua presenza irritante e presuntuosa, ostile e incapace di dare risposte. Questa è la sua più grande sconfitta che dimostra che nel calcio non basta avere montagne di soldi ma servono valori umani che lei non ha dimostrato di avere: cuore, passione, dedizione, umiltà.
Infine, cosa dire della Curva Massimo Capraro. Un patrimonio inestimabile di vite e generazioni dedicate al Catanzaro calcio. Un esempio ineguagliabile di attaccamento e passione che hanno fatto la storia del movimento ultras e caratterizzato uno stile di vita. Sempre al fianco dell’Uesse sia nella buona che nella cattiva sorte. Tra peripezie, viaggi infiniti, diffide, restrizioni. Una storia nella storia che supera qualsiasi significato legato al calcio giocato, al risultato, al singolo calciatore, al presidente in carica. E’ qualcosa che parte da dentro, un senso d’appartenenza ai colori, alla maglia, al simbolo. Qualcosa di molto distante da parole come merci, denaro, consumo, immagine che hanno ucciso il calcio e che hanno svuotato gli stadi. Qualcosa che, ancora oggi, dopo l’ennesimo tentativo di schiacciare il movimento, con ben 19 provvedimenti di Daspo, ha spinto tutti gli ultras ancora attivi a mettere da parte ogni genere di differenza, di simbolo d’appartenenza, per dare vita ad un fronte comune che ritrova la sua espressione dietro lo striscione “fino all’ultimo respiro”.
Un fronte comune che intende sostenere le aquile fino alla salvezza e ricomporre nel tempo un movimento decimato dalle diffide. Ogni riferimento alla società e ai calciatori è superfluo vista la posizione assunta dalla Curva ad inizio anno e gli ultimi fatti di Melfi che poi hanno rivelato quanto di marcio ci fosse nello spogliatoio. Domenica prossima torna il Catania al Ceravolo, una classica infuocata del Sud. Trasferta vietata ai supporters rossoazzuri. Sarà un’occasione d’oro per provare a strappare 3 punti importantissimi ai fini della salvezza diretta .
“Fino all’ultimo respiro”
Mai come quest’anno il Catanzaro lotta per la salvezza della categoria. Un campionato nato male, programmato malissimo e proseguito peggio. A sole sette giornate dal termine il Catanzaro di Erra è in piena zona play-out e deve guardarsi dalle ultime che stanno risalendo la china. Crisi di risultati, di gioco, di continuità. Un’annata a dir poco penosa con 5 allenatori e una gestione societaria più che confusa, ai limiti del dilettantismo. Giocatori disorientati, spogliatoio spaccato, pubblico disilluso. Sono questi gli elementi che caratterizzano una stagione in cui al Ds Preiti va attribuita la principale responsabilità di aver costruito una squadra assolutamente limitata sotto il profilo tecnico e incapace di esprimere gioco e risultati. La salvezza è un miracolo.
Cosa dire del presidente Cosentino. Qualcuno ancora lo ringrazia per continuare a tenere in vita il Catanzaro, per i bilanci in regola, le iscrizioni puntuali e gli stipendi sempre onorati. Ma la maggior parte dei tifosi non ne può più di lui. Preferisce disertare le gradine, ormai convinti che questa società non ha ambizioni e non vuole fare calcio. Il numero degli spettatori paganti ogni domenica è da record negativo. Sarebbe il caso che Mr Gicos pensasse che far calcio è una cosa molto seria e che non basta affidare il giocattolo nelle mani di sua figlia Jessica e il budget a un personaggio come Preiti. Dovrebbe affidarsi a figure che amano il Catanzaro e che hanno fatto la sua storia. Ma chissà perché non vuole guadarli. Probabilmente dovrebbe ripassare o meglio imparare la storia il nostro caro presidente, e scoprire che il l’Us Catanzaro 1929 ha rappresentato per anni la gloria del sud, il vanto per centinaia di migliaia di tifosi sparsi in tutto il mondo non solo per la serie A ma per la passione e il legame viscerale che sempre ha contraddistinto questa piazza. Ma soprattutto il nostro presidente dovrebbe capire che fare il patron a Catanzaro non è la stessa cosa che farlo altrove. Presidente lei ha una grande colpa: è riuscito a raffreddare il cuore di migliaia di tifosi con la sua presenza irritante e presuntuosa, ostile e incapace di dare risposte. Questa è la sua più grande sconfitta che dimostra che nel calcio non basta avere montagne di soldi ma servono valori umani che lei non ha dimostrato di avere: cuore, passione, dedizione, umiltà.
Infine, cosa dire della Curva Massimo Capraro. Un patrimonio inestimabile di vite e generazioni dedicate al Catanzaro calcio. Un esempio ineguagliabile di attaccamento e passione che hanno fatto la storia del movimento ultras e caratterizzato uno stile di vita. Sempre al fianco dell’Uesse sia nella buona che nella cattiva sorte. Tra peripezie, viaggi infiniti, diffide, restrizioni. Una storia nella storia che supera qualsiasi significato legato al calcio giocato, al risultato, al singolo calciatore, al presidente in carica. E’ qualcosa che parte da dentro, un senso d’appartenenza ai colori, alla maglia, al simbolo. Qualcosa di molto distante da parole come merci, denaro, consumo, immagine che hanno ucciso il calcio e che hanno svuotato gli stadi. Qualcosa che, ancora oggi, dopo l’ennesimo tentativo di schiacciare il movimento, con ben 19 provvedimenti di Daspo, ha spinto tutti gli ultras ancora attivi a mettere da parte ogni genere di differenza, di simbolo d’appartenenza, per dare vita ad un fronte comune che ritrova la sua espressione dietro lo striscione “fino all’ultimo respiro”.
Un fronte comune che intende sostenere le aquile fino alla salvezza e ricomporre nel tempo un movimento decimato dalle diffide. Ogni riferimento alla società e ai calciatori è superfluo vista la posizione assunta dalla Curva ad inizio anno e gli ultimi fatti di Melfi che poi hanno rivelato quanto di marcio ci fosse nello spogliatoio. Domenica prossima torna il Catania al Ceravolo, una classica infuocata del Sud. Trasferta vietata ai supporters rossoazzuri. Sarà un’occasione d’oro per provare a strappare 3 punti importantissimi ai fini della salvezza diretta .
Davide Greco
Complimenti Antonio. Magari due parole sull’attaccamento alla maglia non guasterebbero. A differenza di quanto visto negli anni scorsi, manca una bandiera come Mimmo, manca un manipolo di uomini che sudi la maglia per tutta la stagione. Per cui, se all’indifferenza di Mr.Gicos ci aggiungi pure che molti giochicchiano per arrivare a fine mese… ni renducimmi propriu mala.
31 Marzo