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Cosenza, nuova tegola sui rom

Cosenza, nuova tegola sui rom

La Procura di Cosenza, adottando una nuova ordinanza di sgombero nei confronti degli abitanti del campo rom di Vaglio Lise, ha di fatto azzerato il lavoro fatto fino ad ora da alcune associazioni del privato sociale, all'interno dell'Osservatorio comunale sulle migrazioni, finalizzato alla costruzione di un villaggio attrezzato

L’ennesimo rapporto diffuso in questi giorni dalla Procura di Cosenza finge di scoprire le drammatiche condizioni di vita dei Rom che vivono nel campo sorto alle spalle della Motorizzazione civile di Cosenza. Tutti sanno però che, in questi ultimi 7 anni, i Rom stessi sono più volte intervenuti per denunciare come in quell’accampamento essi vivano in condizioni disperate. Da diversi anni, inoltre, numerose associazioni del privato sociale, assieme ai Rom, si stanno impegnando nel produrre analisi e proposte finalizzate a chiedere l’istituzione di un “villaggio attrezzato” in città, dove sistemare, anche provvisoriamente, i cittadini romeni e i loro bambini.

Queste attività d’intermediazione, nel corso del 2009, sono state soprattutto portate avanti all’interno dell’Osservatorio comunale sulle migrazioni (OCI), nato su iniziativa dell’assessore Francesca Bozzo. I diversi tavoli di cui si componeva l’Oci si sono infatti espressi in maniera corale, chiedendo al comune di Cosenza di convogliare ogni sforzo in favore dei Rom. Quattro erano in particolare le richieste avanzate: di portare acqua e elettricità all’interno del campo, di rimuovere la spazzatura, di installare dei bagni chimici. Dal canto loro, i cittadini Rom di Vaglio Lise si sarebbero autotassati per sostenere gli oneri economici di questi interventi, mentre le associazioni appartenenti all’Oci avrebbero lavorato su una progettualità di lungo periodo, da sostenere tramite le tante risorse messe a disposizione dall’Unione europea.

In una prima fase, dietro l’alibi della mancata competenza, nessuna delle richieste avanzate dalle associazioni venne presa in considerazione. E così nulla fu possibile chiedere all’Ue. Poco prima della scorsa estate, invece, l’assemblea plenaria dell’Oci si concluse con alcune assicurazioni da parte dell’assessore Bozzo, reiterate nel mese di ottobre, e però nuovamente disattese. In ottobre, la Procura di Cosenza reagì alle insistenti richieste avanzate dalle associazioni dell’Oci, emettendo oltre 90 provvedimenti di allontanamento, così facendo ricadere sui Rom la colpa della loro migrazione e della precarietà del campo.

Quest’impianto accusatorio è stato fortunatamente smontato dalla magistratura ordinaria del Tribunale di Cosenza, che a novembre ha annullato i decreti di allontanamento della Procura, senza alcuna eccezione. Ma la Procura di Cosenza, adottando una nuova ordinanza di sgombero contro gli abitanti del campo di Vaglio Lise, finge di non ricordare quella vicenda. Finge di non vedere che la magistratura ordinaria, dando ragione ai Rom, ha implicitamente ristabilito alcune verità: il fatto, innanzitutto, che provvedimenti repressivi di questo tipo non riusciranno ad arrestare l’emigrazione dei Rom dall’Europa dell’est vista la realtà di persecuzioni, povertà e pregiudizi da cui essi fuggono; che il godimento dei diritti riconosciuti nella Carta dei diritti sociali dell’Unione europea deve essere garantito senza qualsiasi distinzione basata sulla razza, il colore della pelle, il sesso, la lingua, la religione, le opinioni politiche o ogni altra opinione, l’ascendenza nazionale o l’origine sociale, la salute, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, la nascita o ogni altra situazione (art. E); che dal 1984 molte regioni (Calabria, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Piemonte, Sardegna, Toscana, Veneto e la provincia autonoma di Trento) ed alcuni comuni (Bologna e Roma) hanno adottato misure specifiche nei riguardi delle loro popolazioni Rom e Sinti.

In sintesi, questi fatti sociali e normativi dimostrano che la magistratura inquirente è chiamata a verificare non tanto le condizioni di vita dei campi Rom, ma se le autorità locali, assieme al governo centrale, hanno effettivamente adottato le misure necessarie ad assicurare i diritti fondamentali degli stranieri e dei cittadini comunitari.

Purtroppo, siamo invece costretti a constatare che la Procura di Cosenza, con la sua nuova ordinanza di sgombero, intende occultare gli obblighi di protezione dei diritti che i nostri amministratori hanno nei confronti di chi abita sul territorio, rafforzando inoltre l’idea, già dilagante nel Paese, che gli stranieri vadano cacciati e repressi, segregati e esclusi da ogni forma di partecipazione seria e pianificata in quanto causa della loro stessa povertà.

Questo è un modo di ragionare diffuso fra i sostenitori della cosiddetta tesi sullo “scontro fra civiltà”. E, Domenico Airoma, il Procuratore di Cosenza che dirige le operazioni al campo Rom di Vaglio Lise, è certamente un’autorità in materia (si veda il suo scritto apparso nel volume “Questioni di identità”). Noi che con i Rom lavoriamo e discutiamo, chiediamo invece di riflettere sui nostri comportamenti, sulle nostre responsabilità, e non sul loro modo di essere. Noi soprattutto chiediamo di sospendere questa ordinanza di sgombero e di convocare, poi, un’assemblea pubblica – presieduta dal sindaco Perugini, dal presidente della Provincia di Cosenza e dal presidente della Regione Calabria – affinché si possibile iniziare a ragionare serenamente, ma efficacemente, su come costruire forme di convivenza sociale per tutti più sostenibili e dignitose.Non si tratta di far ricadere sul solo comune di Cosenza la responsabilità di questo intervento, come il sindaco Perugini da sempre lascia intendere.

Ma si tratta di uscire dall’ambiguità, a partire da chi sinora non ha accettato di confrontarsi pubblicamente e di chi nulla ha mai detto di fronte a mille fallimenti dell’Oci.

Eppure, siamo stati tutti d’accordo nel condannare i recenti fatti di Rosarno e gli orrori della Shoah…

 

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