Reggio Calabria, agosto 1992 (Coppa Italia)
DOMANI pomeriggio (16,30) il Catanzaro gioca a Monopoli. Nunzio Zavettieri, quarto allenatore stagionale dopo gli esoneri di Erra e Somma (senza dimenticare la “prova” ultrarapida con Spader), ci arriva con il punto acciuffato in casa con il Melfi e tante cose da rivedere. A margine del suo esordio il tecnico ha detto di aver visto e capito un po’ di cose, nel senso che il deludente pareggio guadagnato con i lucani a qualcosa (almeno) è servito. Non ha spiegato oltre, affidandosi al giudizio del campo e al lavoro (tanto lavoro) che l’aspetta nelle prossime settimane. Il calendario a novembre è spietato: dopo Monopoli si torna al Ceravolo per aspettare la Juve Stabia, poi doppio confronto in trasferta a Catania e Foggia, infine il derby (in casa) con la Reggina. Sulla carta, insomma, c’è ben poco per stare tranquilli.
CONTESTAZIONE CONTINUA La contestazione alla famiglia Cosentino, intanto, continua. E non a caso questo nuovo viaggio a Monopoli mi riporta indietro nel tempo, fino al campionato di C2 edizione 1992/93. L’Uesse era nella mani di Pino Albano, in rotta con quasi tutta la tifoseria dopo la discesa all’inferno calcistico. Erano tempi duri, anche in curva. Tempi di cambiamenti. Gli Ultras erano in crisi d’identità, quasi naturale dopo i fasti e le gesta degli anni ’80, e così poco “united” (cioè tutti i quartieri uniti dietro allo striscione del gruppo storico della curva ovest); da un lato il ricambio generazionale spingeva nuovi stili di curva, dall’altro i contrasti tra alcuni degli esponenti di spicco del tifo organizzato che presto sfociarono in vere e proprie fratture. Erano gli anni della Brigata, che insieme ai Tipsy e al Gruppo Stadio rappresentavano nuovi gruppi che lasciavano le fila degli UC per rinverdire vecchie tradizioni di quartiere (i Fedayn di Materdomini, il Mucchio Selvaggio di Pontepiccolo e i mitici Boys S.A.G.). Ma fuori casa si stava sempre compatti, viaggiando spesso sullo stesso autobus o negli stessi scompartimenti che portavano supporter catanzaresi in giro per l’Italia. Ovunque, come recitava uno striscione (LA OVEST OVUNQUE) apparso in trasferta durante quella annata (abbastanza) travagliata.
La stagione 92/93 fu una delle peggiori delle 12 vissute in quarta serie. Partimmo con Franco Selvaggi confermato in panchina (a furor di popolo) dopo la delusione dell’anno precedente (quarti in classifica), ma non andava d’accordo con la proprietà e venne esonerato. Al suo posto spazio ad Adriano Banelli, gloria giallorossa e catanzarese d’adozione, che dopo un impatto disastroso verrà prima sostituito da Paolo Dal Fiume e poi richiamato a poche giornate dal termine per salvare il salvabile. L’1 novembre, ottava giornata, si va a Monopoli. Partenza da San Leonardo con un pullman da 60 posti che (come al solito) imbarca passeggeri in surplus. Me compreso. Chiudiamo il primo tempo in vantaggio grazie a un gol dell’elegante Mazzola, ma nella ripresa la squadra crolla e ne becca tre negli ultimi 25 minuti di gioco. Incazzati e decisi a mostrare subito il nostro malumore, a fine partita, fingiamo di partire per distrarre il servizio d’ordine e invece “dirottiamo” l’autobus davanti all’ingresso degli spogliatoi per contestare squadra e dirigenza. Va avanti così per un bel po’, con la polizia che nel frattempo ha ripreso a marcarci a uomo e cerca di “convincerci” a ripartire, il Catanzaro chiuso negli spogliatoi e la gente di casa che solidarizza con noi. Passano quasi due ore prima di risalire sul nostro mezzo. Quando lo facciamo attraversiamo due ali di folla monopolitana (allegramente sorpresa dalla nostra azione autoritaria) che ci augura di tornare presto in C1. La squadra intanto va via scortata da sirene e lampeggianti. La ribeccheremo un centinaio di chilometri dopo in autogrill, una sorta di incontro ravvicinato del terzo tipo che a quei tempi era praticamente la prassi (faccia a faccia e senza troppe chiacchiere).
FUTURO DA SALVARE Chiuderemo quel torneo all’ottavo posto, delusi ma (nonostante tutto) ottimisti. Speravamo ancora che la serie C sarebbe durata poco, molto poco, e si credeva che cacciando Albano il Catanzaro avrebbe trovato la dirigenza giusta dietro l’angolo. Be’, il resto (chi segue le Aquile) lo conosce a memoria. Torno con la testa al presente e a questa Lega Pro unica che sa tanto di vecchia serie C, alla contestazione a Giuseppe Cosentino che pare a oltranza (proprio come quella all’indimenticabile Pino Albano), al quarto allenatore nel giro di tre mesi e alle inquietanti analogie con certe storie di 20 e passa anni fa. A Monopoli, tra poche ore, il Catanzaro si gioca una fetta del suo futuro. Oggi come allora è vietato sbagliare (ancora).
Ivan Montesano
Contestazioni di ieri e di oggi (tra una Monopoli e l’altra)
Reggio Calabria, agosto 1992 (Coppa Italia)
DOMANI pomeriggio (16,30) il Catanzaro gioca a Monopoli. Nunzio Zavettieri, quarto allenatore stagionale dopo gli esoneri di Erra e Somma (senza dimenticare la “prova” ultrarapida con Spader), ci arriva con il punto acciuffato in casa con il Melfi e tante cose da rivedere. A margine del suo esordio il tecnico ha detto di aver visto e capito un po’ di cose, nel senso che il deludente pareggio guadagnato con i lucani a qualcosa (almeno) è servito. Non ha spiegato oltre, affidandosi al giudizio del campo e al lavoro (tanto lavoro) che l’aspetta nelle prossime settimane. Il calendario a novembre è spietato: dopo Monopoli si torna al Ceravolo per aspettare la Juve Stabia, poi doppio confronto in trasferta a Catania e Foggia, infine il derby (in casa) con la Reggina. Sulla carta, insomma, c’è ben poco per stare tranquilli.
CONTESTAZIONE CONTINUA La contestazione alla famiglia Cosentino, intanto, continua. E non a caso questo nuovo viaggio a Monopoli mi riporta indietro nel tempo, fino al campionato di C2 edizione 1992/93. L’Uesse era nella mani di Pino Albano, in rotta con quasi tutta la tifoseria dopo la discesa all’inferno calcistico. Erano tempi duri, anche in curva. Tempi di cambiamenti. Gli Ultras erano in crisi d’identità, quasi naturale dopo i fasti e le gesta degli anni ’80, e così poco “united” (cioè tutti i quartieri uniti dietro allo striscione del gruppo storico della curva ovest); da un lato il ricambio generazionale spingeva nuovi stili di curva, dall’altro i contrasti tra alcuni degli esponenti di spicco del tifo organizzato che presto sfociarono in vere e proprie fratture. Erano gli anni della Brigata, che insieme ai Tipsy e al Gruppo Stadio rappresentavano nuovi gruppi che lasciavano le fila degli UC per rinverdire vecchie tradizioni di quartiere (i Fedayn di Materdomini, il Mucchio Selvaggio di Pontepiccolo e i mitici Boys S.A.G.). Ma fuori casa si stava sempre compatti, viaggiando spesso sullo stesso autobus o negli stessi scompartimenti che portavano supporter catanzaresi in giro per l’Italia. Ovunque, come recitava uno striscione (LA OVEST OVUNQUE) apparso in trasferta durante quella annata (abbastanza) travagliata.
La stagione 92/93 fu una delle peggiori delle 12 vissute in quarta serie. Partimmo con Franco Selvaggi confermato in panchina (a furor di popolo) dopo la delusione dell’anno precedente (quarti in classifica), ma non andava d’accordo con la proprietà e venne esonerato. Al suo posto spazio ad Adriano Banelli, gloria giallorossa e catanzarese d’adozione, che dopo un impatto disastroso verrà prima sostituito da Paolo Dal Fiume e poi richiamato a poche giornate dal termine per salvare il salvabile. L’1 novembre, ottava giornata, si va a Monopoli. Partenza da San Leonardo con un pullman da 60 posti che (come al solito) imbarca passeggeri in surplus. Me compreso. Chiudiamo il primo tempo in vantaggio grazie a un gol dell’elegante Mazzola, ma nella ripresa la squadra crolla e ne becca tre negli ultimi 25 minuti di gioco. Incazzati e decisi a mostrare subito il nostro malumore, a fine partita, fingiamo di partire per distrarre il servizio d’ordine e invece “dirottiamo” l’autobus davanti all’ingresso degli spogliatoi per contestare squadra e dirigenza. Va avanti così per un bel po’, con la polizia che nel frattempo ha ripreso a marcarci a uomo e cerca di “convincerci” a ripartire, il Catanzaro chiuso negli spogliatoi e la gente di casa che solidarizza con noi. Passano quasi due ore prima di risalire sul nostro mezzo. Quando lo facciamo attraversiamo due ali di folla monopolitana (allegramente sorpresa dalla nostra azione autoritaria) che ci augura di tornare presto in C1. La squadra intanto va via scortata da sirene e lampeggianti. La ribeccheremo un centinaio di chilometri dopo in autogrill, una sorta di incontro ravvicinato del terzo tipo che a quei tempi era praticamente la prassi (faccia a faccia e senza troppe chiacchiere).
FUTURO DA SALVARE Chiuderemo quel torneo all’ottavo posto, delusi ma (nonostante tutto) ottimisti. Speravamo ancora che la serie C sarebbe durata poco, molto poco, e si credeva che cacciando Albano il Catanzaro avrebbe trovato la dirigenza giusta dietro l’angolo. Be’, il resto (chi segue le Aquile) lo conosce a memoria. Torno con la testa al presente e a questa Lega Pro unica che sa tanto di vecchia serie C, alla contestazione a Giuseppe Cosentino che pare a oltranza (proprio come quella all’indimenticabile Pino Albano), al quarto allenatore nel giro di tre mesi e alle inquietanti analogie con certe storie di 20 e passa anni fa. A Monopoli, tra poche ore, il Catanzaro si gioca una fetta del suo futuro. Oggi come allora è vietato sbagliare (ancora).
Ivan Montesano
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