Nessun messaggio offensivo sulla t-shirt non è bastato ad evitare al giocatore del Cosenza un Daspo di tre anni reo, secondo il Questore di Catanzaro, di aver espresso la propria solidarierà nei confronti di Speziale, condannato per la morte dell’ispettore Raciti, durante il derby di qualche anno fa, Catania-Palermo. Una decisione senza precedenti che suscita una serie di riflessioni e di punti di vista contrastanti.
l’esultanza di Arcidiacono
Quando alla mezz’ora del secondo tempo Pietro “Biccio” Arcidiacono, dopo la realizzazione del momentaneo 3-2 a favore del Cosenza sul campo del Sambiase (partita terminata 4-3 per i silani), nell’esultanza esponeva una maglietta a favore dell’ultras catanese Antonio Speziale (condannato per l’assassinio di Filippo Raciti) i più smaliziati immaginavano già che la cosa non sarebbe finita lì.
A poco sono valse le giustificazioni del calciatore rossoblu che ha sin da subito chiarito che il gesto non era rivolto né contro le forze dell’ordine, né contro la famiglia dell’Ispettore deceduto durante gli scontri del 2 febbraio 2007, durante il derby Catania- Palermo, ma semplicemente in solidarietà a Speziale col quale Arcidiacono condivide un rapporto di conoscenza fin dall’infanzia.
La macchina mediatica si è azionata in men che non si dica, e come spesso succede nel nostro Paese chiunque rappresenti un ruolo pubblico (o pensi di farlo) si è sentito in dovere di esprimere giudizi, che il più delle volte si sono altrettanto celermente trasformati in dei veri e propri anatemi. Così come quello di un giornalista sportivo come Varriale che esprimeva pubblicamente ed in diretta il suo disappunto per questo gesto. Allo stesso modo, un sindacato di polizia impegnato a sostenere posizioni reazionarie (in questi stessi giorni lo stesso sindacato era intento a difendere l’indifendibile comportamento di alcuni apparati delle forze dell’ordine durante la giornata di sciopero del 14 novembre, senza dimenticare quando in occasione dell’anniversario della morte di Carlo Giuliani, con molto cattivo gusto, noleggiò tre vele in cui erano esposte foto dei disordini di Genova 2001 per autoassolversi, o quando criticò la sentenza di condanna nei confronti di Spaccarotella, quasi come se in tal caso la sentenza non fosse definitiva né tantomeno da rispettare ) auspicarsi addirittura il licenziamento del calciatore ed invitando i sostenitori cosentini a disertare lo stadio in segno di dissociazione da tale gesto. Dulcis in fundo, il Daspo di tre anni al calciatore comminato dal questore di Catanzaro, Guido Marino.
Oltre ad evidenziare per l’ennesima volta l’ottusità, l’arbitrarietà e la natura liberticida di una norma come il Daspo, che l’attuale ministro Cancellieri, seguendo la “geniale intuizione” del suo predecessore Maroni, vorrebbe estendere anche ai manifestanti, uccidendo di fatto le più elementari garanzie costituzionali; urgono riflessioni. Il calciatore aveva indossato una t-shirt con scritto “Speziale innocente”, quindi, come più volte evidenziato dal calciatore, nessun messaggio offensivo, o discriminatorio, ma semplicemente un messaggio di solidarietà su una vicenda oscura, una classica storia italiana, in cui il “giustizialismo strabico” insito nella nostra coscienza sociale e nazionale ha preteso, per l’ennesima volta, di trovare un mostro da sbattere in prima pagina, nonostante la Corte Suprema di Cassazione, il 29 Aprile 2008, riteneva inaccettabile i provvedimenti restrittivi a carico di Speziale per mancanza di prove. Ne seguiva un copione purtroppo già visto troppe volte nella storia del nostro Paese, fatto di dichiarazioni ritrattate, perizie mediche legali prive di logica, ed un’altra perizia, questa volta dei Ris di Parma che escludeva la ricostruzione della Procura di Catania, sia sulla natura dell’omicidio che sul reale esecutore (come riporta in un articolo del 31 Maggio 2007 “L’Espresso”, non solo si riteneva impossibile che la morte fosse avvenuta in seguito al lancio di oggetti contundenti da parte degli ultras catanesi, ma addirittura si formulava l’ipotesi che il decesso fosse dovuto ad un’avventata manovra di un Discovery della polizia; tesi generalmente sottaciuta da parte del mainstram). In ogni caso, nonostante i dubbi irrisolti, si procedeva alla condanna a dure pene detentive per due persone (oltre a Speziale condannato a otto anni, in quanto minorenne all’epoca dei fatti, è stato condannato a undici anni anche Daniele Micale).
Ma tra le righe, appare palese come si voglia colpire il pensiero libero – certamente scomodo e fuori dal coro, ma del tutto alieno dall’istigazione a delinquere o robe affini ed anzi esempio di solidarietà – di un giovane che non si è accodato alla verità ufficiale e giudiziaria. E’ proprio questo il lato più inquietante, come ogni voce che voglia oltrepassare la libertà di pensiero concessa dall’alto venga punita, quasi a voler avvertire che le forme di dissenso d’ora in avanti potranno essere del tutto fisiologiche e funzionali allo status-quo, ma non dovranno inficiarne le fondamenta in nessun caso e non saranno ammessi sussulti imprevisti di onestà intellettuale e di pensiero autonomo; tantomeno, se queste contemplino la rottura del “cordone sanitario” di isolamento creato ad arte ai danni di determinati soggetti sociali individuati come nemici dell’ordine precostituito. Così come d’altro canto, e rifacendoci nuovamente alle contemporanee polemiche sugli scontri di piazza dei giorni passati, emerge il grado di influenza da parte delle forze dell’ordine in seno al dibattito pubblico nazionale, dove queste possono contare sulla sponda di una larga fetta di stampa compiacente che prende acriticamente per buona anche le versioni più inverosimili (dai lacrimogeni sparati dal ministero di Giustizia, fino ai casi Cucchi e Sandri, passando per le presunte armi rinvenute all’interno della Diaz). In ogni caso un interrogativo aleggia nelle menti degli osservatori e degli addetti ai lavori: e se Arcidiacono avesse esposto una maglietta inneggiante all’innocenza di Spaccarotella?
Arcidiacono punito dall’eco mediatico
Nessun messaggio offensivo sulla t-shirt non è bastato ad evitare al giocatore del Cosenza un Daspo di tre anni reo, secondo il Questore di Catanzaro, di aver espresso la propria solidarierà nei confronti di Speziale, condannato per la morte dell’ispettore Raciti, durante il derby di qualche anno fa, Catania-Palermo. Una decisione senza precedenti che suscita una serie di riflessioni e di punti di vista contrastanti.
l’esultanza di Arcidiacono
Quando alla mezz’ora del secondo tempo Pietro “Biccio” Arcidiacono, dopo la realizzazione del momentaneo 3-2 a favore del Cosenza sul campo del Sambiase (partita terminata 4-3 per i silani), nell’esultanza esponeva una maglietta a favore dell’ultras catanese Antonio Speziale (condannato per l’assassinio di Filippo Raciti) i più smaliziati immaginavano già che la cosa non sarebbe finita lì.
A poco sono valse le giustificazioni del calciatore rossoblu che ha sin da subito chiarito che il gesto non era rivolto né contro le forze dell’ordine, né contro la famiglia dell’Ispettore deceduto durante gli scontri del 2 febbraio 2007, durante il derby Catania- Palermo, ma semplicemente in solidarietà a Speziale col quale Arcidiacono condivide un rapporto di conoscenza fin dall’infanzia.
La macchina mediatica si è azionata in men che non si dica, e come spesso succede nel nostro Paese chiunque rappresenti un ruolo pubblico (o pensi di farlo) si è sentito in dovere di esprimere giudizi, che il più delle volte si sono altrettanto celermente trasformati in dei veri e propri anatemi. Così come quello di un giornalista sportivo come Varriale che esprimeva pubblicamente ed in diretta il suo disappunto per questo gesto. Allo stesso modo, un sindacato di polizia impegnato a sostenere posizioni reazionarie (in questi stessi giorni lo stesso sindacato era intento a difendere l’indifendibile comportamento di alcuni apparati delle forze dell’ordine durante la giornata di sciopero del 14 novembre, senza dimenticare quando in occasione dell’anniversario della morte di Carlo Giuliani, con molto cattivo gusto, noleggiò tre vele in cui erano esposte foto dei disordini di Genova 2001 per autoassolversi, o quando criticò la sentenza di condanna nei confronti di Spaccarotella, quasi come se in tal caso la sentenza non fosse definitiva né tantomeno da rispettare ) auspicarsi addirittura il licenziamento del calciatore ed invitando i sostenitori cosentini a disertare lo stadio in segno di dissociazione da tale gesto. Dulcis in fundo, il Daspo di tre anni al calciatore comminato dal questore di Catanzaro, Guido Marino.
Oltre ad evidenziare per l’ennesima volta l’ottusità, l’arbitrarietà e la natura liberticida di una norma come il Daspo, che l’attuale ministro Cancellieri, seguendo la “geniale intuizione” del suo predecessore Maroni, vorrebbe estendere anche ai manifestanti, uccidendo di fatto le più elementari garanzie costituzionali; urgono riflessioni. Il calciatore aveva indossato una t-shirt con scritto “Speziale innocente”, quindi, come più volte evidenziato dal calciatore, nessun messaggio offensivo, o discriminatorio, ma semplicemente un messaggio di solidarietà su una vicenda oscura, una classica storia italiana, in cui il “giustizialismo strabico” insito nella nostra coscienza sociale e nazionale ha preteso, per l’ennesima volta, di trovare un mostro da sbattere in prima pagina, nonostante la Corte Suprema di Cassazione, il 29 Aprile 2008, riteneva inaccettabile i provvedimenti restrittivi a carico di Speziale per mancanza di prove. Ne seguiva un copione purtroppo già visto troppe volte nella storia del nostro Paese, fatto di dichiarazioni ritrattate, perizie mediche legali prive di logica, ed un’altra perizia, questa volta dei Ris di Parma che escludeva la ricostruzione della Procura di Catania, sia sulla natura dell’omicidio che sul reale esecutore (come riporta in un articolo del 31 Maggio 2007 “L’Espresso”, non solo si riteneva impossibile che la morte fosse avvenuta in seguito al lancio di oggetti contundenti da parte degli ultras catanesi, ma addirittura si formulava l’ipotesi che il decesso fosse dovuto ad un’avventata manovra di un Discovery della polizia; tesi generalmente sottaciuta da parte del mainstram). In ogni caso, nonostante i dubbi irrisolti, si procedeva alla condanna a dure pene detentive per due persone (oltre a Speziale condannato a otto anni, in quanto minorenne all’epoca dei fatti, è stato condannato a undici anni anche Daniele Micale).
Ma tra le righe, appare palese come si voglia colpire il pensiero libero – certamente scomodo e fuori dal coro, ma del tutto alieno dall’istigazione a delinquere o robe affini ed anzi esempio di solidarietà – di un giovane che non si è accodato alla verità ufficiale e giudiziaria. E’ proprio questo il lato più inquietante, come ogni voce che voglia oltrepassare la libertà di pensiero concessa dall’alto venga punita, quasi a voler avvertire che le forme di dissenso d’ora in avanti potranno essere del tutto fisiologiche e funzionali allo status-quo, ma non dovranno inficiarne le fondamenta in nessun caso e non saranno ammessi sussulti imprevisti di onestà intellettuale e di pensiero autonomo; tantomeno, se queste contemplino la rottura del “cordone sanitario” di isolamento creato ad arte ai danni di determinati soggetti sociali individuati come nemici dell’ordine precostituito. Così come d’altro canto, e rifacendoci nuovamente alle contemporanee polemiche sugli scontri di piazza dei giorni passati, emerge il grado di influenza da parte delle forze dell’ordine in seno al dibattito pubblico nazionale, dove queste possono contare sulla sponda di una larga fetta di stampa compiacente che prende acriticamente per buona anche le versioni più inverosimili (dai lacrimogeni sparati dal ministero di Giustizia, fino ai casi Cucchi e Sandri, passando per le presunte armi rinvenute all’interno della Diaz). In ogni caso un interrogativo aleggia nelle menti degli osservatori e degli addetti ai lavori: e se Arcidiacono avesse esposto una maglietta inneggiante all’innocenza di Spaccarotella?
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