È lo smaltimento illegale di rifiuti industriali l’ipotesi di reato delle primissime inchieste sull'ormai ex sito industriale di Crotone. Ma bastano poche indagini per passare al disastro ambientale colposo e avvelenamento delle acque: perché quei rifiuti industriali sono tossici, inquinano acqua e terreno, e probabilmente sono pericolosi per la salute pubblica.
Cic e amianto
Le prime inchieste iniziano nel 1997: Pertusola Sud sta chiudendo e ha più di 400 mila tonnellate di scarti metallurgici da smaltire. È il cosiddetto cubilot, contenente piombo, arsenico, zinco, mercurio. Sono tutti metalli pesanti altamente cancerogeni ma esiste un decreto (il decreto Ronchi) che temporaneamente li considera rifiuti non pericolosi dunque utilizzabili, dopo opportuno trattamento, anche come materiale edile e di riempimento per sottofondi stradali. Perché temporaneamente? «Perché – spiega il Procuratore di Crotone Raffaele Mazzotta – tre dei sei membri della commissione ministeriale che aveva giudicato “non pericoloso” il cubilot, dopo qualche mese cambiano idea». Ma intanto dalla miscela del cubilot con loppa d’altoforno e un catalizzatore è nato il “Cic”, il conglomerato idraulico catalizzato. Ed è proprio con il Cic, rivela l’inchiesta “Black mountain”, che nel corso degli anni vengono realizzate strade e opere di edilizia nel crotonese. Usato come materiale di riempimento, il Cic viene trovato nei piazzali della scuola elementare “San Francesco”, dell’Istituto tecnico commerciale, di una scuola elementare di Cutro, ma anche sotto case popolari e di edilizia privata, centri commerciali, strade e persino nel piazzale della Questura e della banchina del porto di Crotone. L’inchiesta si arena per dieci anni, fino a quando non viene tirata di nuovo fuori dal sostituto procuratore Pierpaolo Bruni, col pieno appoggio del Procuratore Mazzotta. Nel settembre del 2008 i siti vengono posti sotto sequestro, e decine di indagati sono chiamati rispondere di discarica abusiva e disastro ambientale. Il 26 gennaio di 2009 Guardia di Finanza e Nisa (Nucleo investigativo sanità e ambiente) pongono sotto sequestro anche suolo e sottosuolo della strada che corre a ridosso delle fabbriche. Poco dopo, nel maggio successivo, viene reso noto l’esito delle analisi effettuate sui siti sequestrati nell’operazione “Black mountains”: le analisi registrano una preoccupante presenza di arsenico, piombo, manganese, cadmio, uranio, mercurio e zinco. Materiali altamente tossici provenienti dallo smaltimento illecito delle scorie della Pertusola, ritenuti pericolosi per la pubblica incolumità, e che potrebbero aver contaminato anche le sottostanti falde acquifere.
Ma non è finita, perché l’ultima indagine riguarda invece la Montecatini, e i danni provocati dall’amianto. Nell’ottobre scorso finiscono nel registro degli indagati i direttori succedutisi alla guida dello stabilimento chimico, che utilizzava la fibretta d’amianto nel reparto “forno fosforo”. Sulla base del nesso ormai certificato tra la lavorazione della fibretta d’amianto e il mesotelioma pleurico, si cerca di fare chiarezza sulla morte di diversi operai della fabbrica di fertilizzanti e di loro congiunti. Morti provocate appunto da questa patologia tumorale delle vie polmonari. (segue)
70 anni di fabbriche: le inchieste giudiziarie
È lo smaltimento illegale di rifiuti industriali l’ipotesi di reato delle primissime inchieste sull'ormai ex sito industriale di Crotone. Ma bastano poche indagini per passare al disastro ambientale colposo e avvelenamento delle acque: perché quei rifiuti industriali sono tossici, inquinano acqua e terreno, e probabilmente sono pericolosi per la salute pubblica.
Cic e amianto
Le prime inchieste iniziano nel 1997: Pertusola Sud sta chiudendo e ha più di 400 mila tonnellate di scarti metallurgici da smaltire. È il cosiddetto cubilot, contenente piombo, arsenico, zinco, mercurio. Sono tutti metalli pesanti altamente cancerogeni ma esiste un decreto (il decreto Ronchi) che temporaneamente li considera rifiuti non pericolosi dunque utilizzabili, dopo opportuno trattamento, anche come materiale edile e di riempimento per sottofondi stradali. Perché temporaneamente? «Perché – spiega il Procuratore di Crotone Raffaele Mazzotta – tre dei sei membri della commissione ministeriale che aveva giudicato “non pericoloso” il cubilot, dopo qualche mese cambiano idea». Ma intanto dalla miscela del cubilot con loppa d’altoforno e un catalizzatore è nato il “Cic”, il conglomerato idraulico catalizzato. Ed è proprio con il Cic, rivela l’inchiesta “Black mountain”, che nel corso degli anni vengono realizzate strade e opere di edilizia nel crotonese. Usato come materiale di riempimento, il Cic viene trovato nei piazzali della scuola elementare “San Francesco”, dell’Istituto tecnico commerciale, di una scuola elementare di Cutro, ma anche sotto case popolari e di edilizia privata, centri commerciali, strade e persino nel piazzale della Questura e della banchina del porto di Crotone. L’inchiesta si arena per dieci anni, fino a quando non viene tirata di nuovo fuori dal sostituto procuratore Pierpaolo Bruni, col pieno appoggio del Procuratore Mazzotta. Nel settembre del 2008 i siti vengono posti sotto sequestro, e decine di indagati sono chiamati rispondere di discarica abusiva e disastro ambientale. Il 26 gennaio di 2009 Guardia di Finanza e Nisa (Nucleo investigativo sanità e ambiente) pongono sotto sequestro anche suolo e sottosuolo della strada che corre a ridosso delle fabbriche. Poco dopo, nel maggio successivo, viene reso noto l’esito delle analisi effettuate sui siti sequestrati nell’operazione “Black mountains”: le analisi registrano una preoccupante presenza di arsenico, piombo, manganese, cadmio, uranio, mercurio e zinco. Materiali altamente tossici provenienti dallo smaltimento illecito delle scorie della Pertusola, ritenuti pericolosi per la pubblica incolumità, e che potrebbero aver contaminato anche le sottostanti falde acquifere.
Ma non è finita, perché l’ultima indagine riguarda invece la Montecatini, e i danni provocati dall’amianto. Nell’ottobre scorso finiscono nel registro degli indagati i direttori succedutisi alla guida dello stabilimento chimico, che utilizzava la fibretta d’amianto nel reparto “forno fosforo”. Sulla base del nesso ormai certificato tra la lavorazione della fibretta d’amianto e il mesotelioma pleurico, si cerca di fare chiarezza sulla morte di diversi operai della fabbrica di fertilizzanti e di loro congiunti. Morti provocate appunto da questa patologia tumorale delle vie polmonari. (segue)
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