L’emergenza ambientale nell’ex area industriale di Crotone viene riconosciuta dal Ministero nel 2001. A nove anni di distanza, però, neppure un metro di terreno è stato ancora bonificato, né messo in sicurezza. Storia ordinaria di un affare miliardario, e di un continuo rimpallo di responsabilità.
La Bonifica
Il decreto ministeriale del novembre 2002 delimita il perimetro del Sito di interesse nazionale Crotone e Cassano-Cerchiara, quello da bonificare. L’area comprende i due complessi industriali di Pertusola sud ed ex Montedison, la discarica comunale di Tufolo, la fascia costiera che corre tra il mare e la zona industriale, e i comuni di Cassano allo Jonio e Cerchiara Calabra.
Oltre ai due stabilimenti, dunque, a Crotone ci sono altre due ampie zone da bonificare. La discarica di Tufolo tra gli anni ‘70 e il 2000 ha raccolto rifiuti urbani, speciali, sanitari, ma anche quelli dell’alluvione del 1996 e i fanghi di depurazione civile. Sette ettari di terreno per 20 metri d’altezza: 99mila metri cubi di rifiuti del tutto privi di alcun presidio ambientale. Nessuna barriera impermeabile, nessun sistema che raccolga il dannosissimo percolato, che così continua a inquinare il terreno e le acque filtrando in profondità.
Lungo la fascia costiera che corre tra il mare e l’area industriale sono state individuate discariche abusive per 300mila metri cubi di rifiuti speciali e pericolosi. A Cassano allo Jonio e Cerchiara Calabra, siti posti sotto sequestro della magistratura nel 1998, venivano smaltite abusivamente le ferriti di zinco prodotte da Pertusola sud.
Ecco, dunque, la portata dell’opera di risanamento ambientale stabilita dal ministero. Un’opera che (in Italia sembra quasi superfluo sottolinearlo) è in gravissimo ritardo: anzi, non è mai partita davvero.
Perché se è vero che sono state effettuate gran parte delle caratterizzazioni che devono precedere le operazioni di messa in sicurezza e bonifica, è altrettanto vero che poco altro di operativo è stato fatto. Nei primi mesi del 2009 il comune di Cassano allo Ionio ha dato il via ai lavori per la rimozione delle scorie. Un intervento compreso nell’accordo di programma quadro “Tutela e risanamento ambientale”, che nel 2006 ha stanziato 40 milioni di euro. 14, in particolare, sono stati destinati a tre interventi: la bonifica dei siti di Cassano e Cerchiara, della discarica di Farina a Crotone e dell’area archeologica nella zona industriale del capoluogo ionico.
Ma facciamo un passo indietro, giusto per evidenziare il ritmo a cui procedono gli interventi. A gestire la dismissione dello stabilimento ex Pertusola è una società dell’Eni, la Syndial. Nell’ottobre 2001 il ministero dell’Interno assegna al Commissario per l’emergenza ambientale della Calabria il compito di effettuare la bonifica del sito in sostituzione e in danno alla Syndial. Due anni dopo l’Ufficio del commissario cita in giudizio Syndial/Eni con una richiesta di risarcimento del danno ambientale per più di 400 milioni di euro.
Intanto, nel maggio del 2003, la gara d’appalto per gli interventi di bonifica viene aggiudicata ad una cordata d’imprese guidata da Fisia Italimpianti, gruppo Impregilo. L’offerta ammonta a oltre 90 milioni di euro, e le operazioni di bonifica è previsto siano concluse entro 510 giorni. L’esiguità dell’investimento e la durata dei lavori, oltre ad una attenta analisi del progetto, fanno subito comprendere come in realtà più che una bonifica Fisia Italimpianti abbia in programma la messa in sicurezza del sito. Che non è la stessa cosa, perché un sito messo in sicurezza ma non bonificato non può essere destinato ad altri scopi.
Ma poco importa, perché il 31 maggio 2008 Fisia Italimpianti riconsegna lo stabilimento a Syndial, mentre incassa circa 4 milioni di euro per la risoluzione consensuale del contratto, per come previsto dell’atto di transazione sottoscritto dal commissario delegato per l’emergenza ambientale in Calabria Salvatore Montanaro. Ma perché risolvere consensualmente il contratto? Una sua “riformulazione” era stata suggerita dall’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici, vista la mancanza di copertura finanziaria per il progetto; e anche dalla Presidenza del Consiglio dei ministri. Poi, però, il Tribunale di Napoli, nell’ambito dell’inchiesta sui rifiuti in Campania, ha interdetto per un anno Fisia Italimpianti a contrattare con la Pubblica amministrazione. Di qui la decisione di risolvere consensualmente in contratto.
Ma non è finita. Come risarcimento il Ministero ha chiesto a Syndial 1920 milioni di euro: 1620 per la bonifica, 300 per il danno ambientale. La Regione Calabria ne ha chiesti 800 milioni per il danno ambientale, di immagine e sanitario prodotto a Crotone. Syndial risponde che s’impegnerà direttamente ad eseguire interventi di bonifica per 300 milioni di euro circa (giusto qualcosina in meno dei 1920 previsti dal Ministero). Ma non pagherà i danni ambientali e sanitari, perché è stato il commissario delegato a non aver garantito tempi rapidi per le attività di bonifica.
E infine arriviamo al luglio 2009, quando una conferenza dei servizi pone tre punti all’ordine del giorno: interventi di messa in sicurezza d’emergenza nelle aree di competenza Syndial; revisione del progetto operativo di bonifica dei suoli e delle acque di falda delle aree di competenza Syndial; progetto operativo di messa in sicurezza permanente delle discariche “ex Pertusola” ed “ex Fosfotec”. In sostanza si prevede la realizzazione di una barriera idraulica che impedisca la diffusione dell’inquinamento attraverso le falde acquifere e nello stesso tempo la messa in sicurezza delle acque di falda già esistenti; la rimozione di tutti i rifiuti presenti nell’ex sito industriale, alla quale seguirà un primo lotto di interventi di bonifica del sito con tecniche di fitodepurazione.
Insomma, dal 2001 ad oggi neppure un metro di terreno è stato bonificato, né messo in sicurezza, in un continuo rimpallo di responsabilità. L’argomento, un affare da molti milioni di euro, è oggetto di convegni sterili, incontri ministeriali nei quali raramente tutte le parti in causa riescono a ritrovarsi insieme; peggio, è oggetto di battaglia elettorale e non di rado di screzi tra gli enti locali. Tutto mentre il terreno, le falde acquifere, il mare, continuano ad assorbire residui tossici e metalli pesanti. Bloccando di fatto ogni possibilità di rilancio del territorio e, soprattutto, provocando non si sa bene quali conseguenze sulla salute dei cittadini. (segue)
70 anni di fabbriche: i ritardi nella bonifica
L’emergenza ambientale nell’ex area industriale di Crotone viene riconosciuta dal Ministero nel 2001. A nove anni di distanza, però, neppure un metro di terreno è stato ancora bonificato, né messo in sicurezza. Storia ordinaria di un affare miliardario, e di un continuo rimpallo di responsabilità.
La Bonifica
Il decreto ministeriale del novembre 2002 delimita il perimetro del Sito di interesse nazionale Crotone e Cassano-Cerchiara, quello da bonificare. L’area comprende i due complessi industriali di Pertusola sud ed ex Montedison, la discarica comunale di Tufolo, la fascia costiera che corre tra il mare e la zona industriale, e i comuni di Cassano allo Jonio e Cerchiara Calabra.
Oltre ai due stabilimenti, dunque, a Crotone ci sono altre due ampie zone da bonificare. La discarica di Tufolo tra gli anni ‘70 e il 2000 ha raccolto rifiuti urbani, speciali, sanitari, ma anche quelli dell’alluvione del 1996 e i fanghi di depurazione civile. Sette ettari di terreno per 20 metri d’altezza: 99mila metri cubi di rifiuti del tutto privi di alcun presidio ambientale. Nessuna barriera impermeabile, nessun sistema che raccolga il dannosissimo percolato, che così continua a inquinare il terreno e le acque filtrando in profondità.
Lungo la fascia costiera che corre tra il mare e l’area industriale sono state individuate discariche abusive per 300mila metri cubi di rifiuti speciali e pericolosi. A Cassano allo Jonio e Cerchiara Calabra, siti posti sotto sequestro della magistratura nel 1998, venivano smaltite abusivamente le ferriti di zinco prodotte da Pertusola sud.
Ecco, dunque, la portata dell’opera di risanamento ambientale stabilita dal ministero. Un’opera che (in Italia sembra quasi superfluo sottolinearlo) è in gravissimo ritardo: anzi, non è mai partita davvero.
Perché se è vero che sono state effettuate gran parte delle caratterizzazioni che devono precedere le operazioni di messa in sicurezza e bonifica, è altrettanto vero che poco altro di operativo è stato fatto. Nei primi mesi del 2009 il comune di Cassano allo Ionio ha dato il via ai lavori per la rimozione delle scorie. Un intervento compreso nell’accordo di programma quadro “Tutela e risanamento ambientale”, che nel 2006 ha stanziato 40 milioni di euro. 14, in particolare, sono stati destinati a tre interventi: la bonifica dei siti di Cassano e Cerchiara, della discarica di Farina a Crotone e dell’area archeologica nella zona industriale del capoluogo ionico.
Ma facciamo un passo indietro, giusto per evidenziare il ritmo a cui procedono gli interventi. A gestire la dismissione dello stabilimento ex Pertusola è una società dell’Eni, la Syndial. Nell’ottobre 2001 il ministero dell’Interno assegna al Commissario per l’emergenza ambientale della Calabria il compito di effettuare la bonifica del sito in sostituzione e in danno alla Syndial. Due anni dopo l’Ufficio del commissario cita in giudizio Syndial/Eni con una richiesta di risarcimento del danno ambientale per più di 400 milioni di euro.
Intanto, nel maggio del 2003, la gara d’appalto per gli interventi di bonifica viene aggiudicata ad una cordata d’imprese guidata da Fisia Italimpianti, gruppo Impregilo. L’offerta ammonta a oltre 90 milioni di euro, e le operazioni di bonifica è previsto siano concluse entro 510 giorni. L’esiguità dell’investimento e la durata dei lavori, oltre ad una attenta analisi del progetto, fanno subito comprendere come in realtà più che una bonifica Fisia Italimpianti abbia in programma la messa in sicurezza del sito. Che non è la stessa cosa, perché un sito messo in sicurezza ma non bonificato non può essere destinato ad altri scopi.
Ma poco importa, perché il 31 maggio 2008 Fisia Italimpianti riconsegna lo stabilimento a Syndial, mentre incassa circa 4 milioni di euro per la risoluzione consensuale del contratto, per come previsto dell’atto di transazione sottoscritto dal commissario delegato per l’emergenza ambientale in Calabria Salvatore Montanaro. Ma perché risolvere consensualmente il contratto? Una sua “riformulazione” era stata suggerita dall’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici, vista la mancanza di copertura finanziaria per il progetto; e anche dalla Presidenza del Consiglio dei ministri. Poi, però, il Tribunale di Napoli, nell’ambito dell’inchiesta sui rifiuti in Campania, ha interdetto per un anno Fisia Italimpianti a contrattare con la Pubblica amministrazione. Di qui la decisione di risolvere consensualmente in contratto.
Ma non è finita. Come risarcimento il Ministero ha chiesto a Syndial 1920 milioni di euro: 1620 per la bonifica, 300 per il danno ambientale. La Regione Calabria ne ha chiesti 800 milioni per il danno ambientale, di immagine e sanitario prodotto a Crotone. Syndial risponde che s’impegnerà direttamente ad eseguire interventi di bonifica per 300 milioni di euro circa (giusto qualcosina in meno dei 1920 previsti dal Ministero). Ma non pagherà i danni ambientali e sanitari, perché è stato il commissario delegato a non aver garantito tempi rapidi per le attività di bonifica.
E infine arriviamo al luglio 2009, quando una conferenza dei servizi pone tre punti all’ordine del giorno: interventi di messa in sicurezza d’emergenza nelle aree di competenza Syndial; revisione del progetto operativo di bonifica dei suoli e delle acque di falda delle aree di competenza Syndial; progetto operativo di messa in sicurezza permanente delle discariche “ex Pertusola” ed “ex Fosfotec”. In sostanza si prevede la realizzazione di una barriera idraulica che impedisca la diffusione dell’inquinamento attraverso le falde acquifere e nello stesso tempo la messa in sicurezza delle acque di falda già esistenti; la rimozione di tutti i rifiuti presenti nell’ex sito industriale, alla quale seguirà un primo lotto di interventi di bonifica del sito con tecniche di fitodepurazione.
Insomma, dal 2001 ad oggi neppure un metro di terreno è stato bonificato, né messo in sicurezza, in un continuo rimpallo di responsabilità. L’argomento, un affare da molti milioni di euro, è oggetto di convegni sterili, incontri ministeriali nei quali raramente tutte le parti in causa riescono a ritrovarsi insieme; peggio, è oggetto di battaglia elettorale e non di rado di screzi tra gli enti locali. Tutto mentre il terreno, le falde acquifere, il mare, continuano ad assorbire residui tossici e metalli pesanti. Bloccando di fatto ogni possibilità di rilancio del territorio e, soprattutto, provocando non si sa bene quali conseguenze sulla salute dei cittadini. (segue)
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